La Uefa, l’organizzazione che governa il calcio europeo, ha vietato l’illuminazione dello stadio di Monaco con i colori dell’arcobaleno in occasione della partita tra Germania e Ungheria in programma il 23 giugno, ma non ha fatto un gran favore al primo ministro ungherese Viktor Orbán. La decisione, infatti, ha aperto un acceso dibattito sulla posizione della Uefa e sulla questione dei rapporti tra sport e politica, che avrà senza dubbio un effetto boomerang a Monaco.

Ma la vicenda ha soprattutto attirato l’attenzione sulle leggi omofobe approvate recentemente in Ungheria.

Il parlamento ungherese, controllato dal partito Fidesz di Orbán, ha adottato una serie di emendamenti che vietano agli omosessuali di figurare nel materiale educativo per i bambini o in programmi televisivi destinati ai minori di 18 anni, per “scongiurare” la promozione dell’omosessualità o del cambiamento di genere. Questi emendamenti completano una legge per la lotta alla pedofilia, creando dunque un’associazione tra pedofilia e omosessualità.

Il voto del parlamento ungherese ha già provocato manifestazioni di protesta a Budapest, aprendo una frattura all’interno dell’Unione europea, l’ennesima che coinvolge l’Ungheria.

La Commissione europea, infatti, ha già avviato una procedura contro Budapest sul mancato rispetto dello stato di diritto nel paese. Stavolta, però, si tratta di valori contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, adottata con il trattato di Nizza nel 2000.

La deriva di Orbán si avvicina sempre più alla Russia di Putin

Il 22 giugno 14 paesi dell’Unione hanno firmato una dichiarazione comune contro le leggi ungheresi omofobe, condannando quella definiscono una “forma lampante di discriminazione basata sull’orientamento, l’identità e l’espressione sessuale”. La dichiarazione afferma che l’Unione non può transigere su questi princìpi.

Si tratta di una pratica eccezionale tra europei, che testimonia l’esasperazione suscitata dal comportamento del primo ministro ungherese e dalla sua deriva che si avvicina più alla Russia di Putin che ai valori liberali su cui Orbán ha apposto la sua firma.

La fascia arcobaleno del capitano
Ma l’Ungheria non è sola in questa posizione. Soltanto 14 paesi hanno sottoscritto il comunicato, non 26. La divisione è rivelatrice: i firmatari sono i paesi dell’Europa dell’ovest e del nord – Francia, Germania, Spagna, Italia, i paesi scandinavi, gli stati baltici – ma non quelli dell’Europa centrale e orientale, che non hanno voluto condannare il vicino ungherese.

L’accettazione dell’omosessualità è diventata un criterio che divide l’Europa, ma anche le società dell’ex mondo comunista. In Ungheria, in Polonia e in Romania esiste una grande separazione tra le grandi città aperte e il resto del paese, più conservatore e influenzato dalla religione (cattolica e ortodossa, unite contro un’evoluzione giudicata inaccettabile).

L’Ungheria osa legiferare perché Orbán si nutre di polemiche. Altri fanno lo stesso con più discrezione. L’Europa ha dovuto ricordare i valori che dovrebbero unire i 27 e non certo produrre una spaccatura con una parte del continente.

Allo stadio di Monaco, la sera del 23 giugno, se mancherà un’illuminazione contro l’omofobia, ci sarà almeno la fascia da capitano color arcobaleno del portiere tedesco Manuel Neuer per salvare l’onore e incarnare un’Europa senza discriminazioni.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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