È la crisi più improbabile del momento. Nel fine settimana i britannici hanno letteralmente svuotato le pompe di benzina; i mezzi d’informazione locali lo definiscono panic buying, l’acquisto dettato dal panico. Alcuni hanno addirittura dormito in auto per avere la certezza di poter fare il pieno, mentre le file hanno raggiunto chilometri di lunghezza. Il risultato è che dal 27 settembre molte stazioni di servizio hanno esaurito il carburante.

Il Regno Unito non ha problemi di denaro come il Libano (dove si sono verificate scene simili) né una paragonabile carenza di carburante nei depositi. La causa di questo strano fenomeno è diversa, e ha un altro nome: Brexit.

Il problema è una drammatica mancanza di autisti di camion. Parliamo di centomila conducenti in meno, la cui assenza si fa sentire non solo nelle pompe di benzina ma anche nei supermercati, dove interi scaffali sono vuoti, o nelle catene di ristoranti che sono ormai costretti a cancellare diversi piatti dal loro menu.

Andatevene via
Ma cosa c’entra la Brexit? Ricordiamo ancora che parte della campagna per il referendum del 2016 si era giocata sulla presunta presenza di “troppi stranieri” sul suolo britannico. Per i favorevoli all’uscita (leave), la definizione di “straniero” coincideva con le persone provenienti da altri paesi dell’Unione europea. Una sorta di versione britannica dell’”idraulico polacco”.

I britannici ne hanno patito le conseguenze prima di tutto nel sistema sanitario, che dipendeva molto dal personale straniero

Dopo il voto per uscire dall’Unione e anni di incertezze, negoziati sfiancanti e psicodrammi in parlamento, almeno un milione di europei ha deciso di lasciare il paese dove aveva ricostruito la sua vita ma dove non si sentiva più benvenuto.
I britannici ne hanno patito le conseguenze prima di tutto nel sistema sanitario, che dipendeva molto dal personale straniero. Nel frattempo nessuno ha prestato molta attenzione agli autotrasportatori, che a causa di complicazioni amministrative hanno deciso di tornare nel loro paese.

L’inverno del malcontento
Ora il governo di Boris Johnson segue due piste per affrontare la crisi: un ricorso all’esercito per rifornire le stazioni di servizio nelle zone più colpite dalle carenze e, ironia della sorte, l’assegnazione di cinquemila visti straordinari per gli autisti europei disposti a tornare nel Regno Unito. I visti, però, sarebbero validi solo per tre mesi, perché Londra non ha intenzione di riaprire le porte.

L’offerta di Johnson non ha suscitato grande entusiasmo. Un sindacato di camionisti dei Paesi Bassi, intervistato il 27 settembre dalla Bbc ha risposto seccamente. “A queste condizioni gli autisti europei con cui dialoghiamo non hanno alcuna intenzione di accettare un permesso a breve scadenza per aiutare il Regno Unito a tirarsi fuori dalla merda in cui si è infilato da solo”. Fine della citazione.

Un’altra possibile soluzione è quella di concedere 50mila permessi extra per i trasportatori e contattare gli autisti che hanno cambiato mestiere per convincerli a tornare dietro il volante.

Il problema del governo è che gli acquisti dettati dal panico si stanno estendendo ad altri settori, anche se le grandi catene di distribuzione assicurano che non esiste alcun rischio di carenze. I mezzi d’informazione parlano ormai di un possibile “inverno del malcontento”, un’espressione che ricorda le penurie degli anni settanta. Non esattamente il futuro luminoso che promettevano i paladini della Brexit.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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