Xi Jinping vuole riscrivere la storia per consolidare il proprio potere
All’epoca dell’Unione Sovietica esisteva una scienza non proprio esatta chiamata “Cremlinologia”. Il termine indicava l’analisi dei minimi segnali provenienti dal mondo opaco del Cremlino per comprendere l’evoluzione del regime e il suo impatto sul mondo.
Oggi accade la stessa cosa a Pechino, dove il vertice del potere è altrettanto opaco. Al posto del Cremlino abbiamo la Zhongnanhai, la sede del potere cinese situata a pochi passi dalla città proibita.
Oggi tutti i “pechinologi” hanno gli occhi puntati sulla sesta assemblea plenaria del Partito comunista cinese, che per quattro giorni riunirà circa 400 quadri dirigenti sotto la direzione del numero uno Xi Jinping. Questo rituale della vita del partito permette di inviare importanti messaggi in un momento segnato dal conflitto sempre più intenso con gli Stati Uniti, dall’aumento delle tensioni su Taiwan, dall’inasprimento politico interno e da un’economia che solleva diversi interrogativi.
Tutto lascia pensare che Xi farà approvare dal partito una “risoluzione sulla storia”. Potrebbe sembrare banale, ma in realtà sarebbe solo la terza volta in cento anni che il partito adotta una simile mozione.
L’assemblea plenaria è destinata a mostrare che non esistono ostacoli sulla rotta del numero uno
La prima volta è accaduto sotto la direzione di Mao Zedong, nel 1945, nel pieno della guerra civile che avrebbe portato i comunisti al potere quattro anni dopo, mentre la seconda è stata nel 1981, sotto la direzione di Deng Xiaoping, padre delle riforme del dopo Mao. La terza sarebbe quella di Xi, che in questo modo si pone sullo stesso piano dei due giganti della storia del comunismo cinese e si impone come centro del potere senza alcuna opposizione.
È un fatto più rilevante di quanto sembri, che va ben oltre il simbolismo e la vanità di un dirigente. Rivendicando il suo posto nella storia, Xi dimostra di conservare un’autorità assoluta sul partito, un aspetto molto significativo in questi tempi burrascosi.
A un anno dal ventesimo congresso del partito, che dovrebbe confermare Xi per un terzo mandato quinquennale nonostante il limite dei due mandati imposto per evitare le derive del potere personale, l’assemblea plenaria è destinata a mostrare che non esistono ostacoli sulla rotta del numero uno.
George Orwell scriveva che “chi controlla il passato controlla anche il futuro”. Il Partito comunista cinese lo ha capito benissimo, come dimostra il fatto che si prende la briga di scrivere e riscrivere continuamente la storia cinese per rafforzare la propria legittimità e la propria mitologia cancellando tutti gli elementi discutibili.
Xi è particolarmente attento a questo aspetto, perché sa che ponendosi sullo stesso piano di Mao e Deng rivendica carta bianca per plasmare il futuro. In possesso di tutti i poteri, Xi li usa per preparare l’esercito e l’economia alla nuova fase storica, in cui promette che la Cina diventerà la prima potenza mondiale.
L’assemblea di Pechino è dunque un momento cruciale di una partita ben più ambiziosa e rischiosa che si gioca su scala mondiale, dove non tutti obbediscono così ciecamente al presidente Xi.
(Traduzione di Andrea Sparacino)