Il nuovo governo tedesco rimescola le carte in Europa
L’Europa volta pagina, e che pagina! Dopo sedici anni è la fine del regno di Angela Merkel alla guida della Germania e dunque, di fatto, della cabina di pilotaggio dell’Unione europea. È un vecchio assioma: la Germania non può guidare l’Europa da sola, ma non è possibile guidare l’Europa senza la Germania, e dunque, per sedici anni, non è stato possibile farlo senza Merkel.
Il 24 novembre la conclusione dell’accordo di coalizione a Berlino, che riunisce socialdemocratici, verdi e liberali, era attesa con grande interesse dal resto dell’Europa. I principali attori sono tutt’altro che sconosciuti, dal futuro cancelliere Olaf Scholz, numero due del governo uscente, all’ecologista Annalena Baerbock, futura ministra degli esteri, fino al liberale Christian Lindner, che guiderà il ministero delle finanze. Di contro la loro alleanza è inedita e fa entrare la Germania (e di conseguenza l’Europa) in un territorio inesplorato.
Elementi di continuità
La coalizione è risolutamente europeista, ma è nei dettagli che si nascondono le sfumature. Quale sarà la politica fiscale per l’eurozona? Quale sarà la relazione con Mosca, Pechino e Washington? Quale grado di autonomia strategica avranno i 27 paesi dell’Unione europea?
Gli equilibri in Europa non cambieranno dall’oggi al domani, anche perché ci saranno numerosi elementi di continuità. Tuttavia il funzionamento dell’Unione è anche una questione di alchimie personali, di capacità di creare coalizioni. “L’Europa è una macchina per produrre compromessi”, diceva l’ex presidente della Commissione europea Jacques Delors.
Il problema della leadership riguarda più le alleanze che i leader
Abbiamo visto questo apparato all’opera nel 2020 in merito al piano di ripresa post-covid. In quel caso l’intesa franco-tedesca, tutt’altro che evidente in un primo momento, si è rivelata determinante.
Dall’annuncio dell’uscita di scena di Merkel tutti si pongono la questione della leadership europea. Chi prenderà il posto della cancelliera? La domanda, in realtà, è mal posta, perché non esiste una persona in grado di guidare l’Unione, nemmeno Merkel. Dunque questo compito non spetterà né a Olaf Scholz né al presidente francese Emmanuel Macron, il cui nome è regolarmente citato.
Il problema della leadership riguarda più le alleanze che i leader. Le “coppie” mitiche del tandem franco-tedesco, De Gaulle-Adenauer o Mitterrand-Kohl, hanno segnato l’incontro tra personalità diverse e un interesse chiaro in un dato momento storico.
Con l’allargamento fino a 27 stati l’ingranaggio è diventato più complesso. In un momento in cui Parigi e Berlino devono imparare nuovamente a lavorare insieme, la Francia si riavvicina all’Italia dopo decenni segnati da un rapporto complesso e a volte pessimo. Un trattato di amicizia sarà firmato il 25 novembre a Roma, sulle orme di quello che lega Francia e Germania dal 1963 e che è stato aggiornato nel 2019 con il trattato di Aix-la-Chapelle.
Avviato con l’arrivo alla guida del governo italiano di Mario Draghi, il trattato è il frutto di una migliore intesa tra Parigi e Roma, favorita dalla presenza dell’ex capo della Banca centrale europea. D’altronde l’ambizione mostrata da Draghi fin dal suo insediamento è quella di affermare l’Italia come terzo partner della coppia franco-tedesca.
Queste tematiche possono sembrare triviali, ma l’Europa ha dato troppo spesso l’impressione di non saper prendere decisioni e dunque il modo in cui si organizza l’indispensabile leadership dell’Unione va analizzato approfonditamente, soprattutto in un momento di alternanza a Berlino e alla vigilia della presidenza francese dell’Unione, nel primo semestre del 2022.
(Traduzione di Andrea Sparacino)