Quasi nove anni dopo l’inizio dell’intervento militare francese in Mali per fermare l’avanzata di una colonna jihadista verso la capitale, siamo finalmente arrivati al momento della verità.
Il 15 dicembre gli ultimi soldati francesi lasceranno Timbuctù nel quadro della riorganizzazione dell’operazione militare nella regione del Sahel. Il presidente Emmanuel Macron visiterà nei prossimi giorni Bamako per incontrare il capo della giunta maliana, il colonnello Assimi Goita, un uomo che dovrà prendere decisioni importanti.
Queste decisioni sono di due tipi: politiche, con la richiesta dei paesi africani della regione di rispettare un calendario serrato per il ritorno a un governo civile in Mali; e militari, sotto forma di un possibile contratto con la compagnia russa di mercenari Wagner, inaccettabile per Parigi. In entrambi i casi il colonnello Goita si trova in una situazione precaria con i partner internazionali.
Macron è in Mali per celebrare il Natale con le truppe francesi di stanza a Gao, ultima tappa prima della fine dell’operazione Barkhane, ma visiterà anche la capitale Bamako. È una visita ad alto rischio, in compagnia del presidente del Ghana, rappresentante dei paesi della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cedeao).
Ufficialmente le forze francesi si trovano in Mali per appoggiare le autorità politiche del paese, ma i rapporti tra Parigi e la giunta militare al potere, nata da un doppio colpo di stato, sono estremamente tesi.
Oggi esiste un contrasto tra una cooperazione militare che va avanti – con un passaggio di testimone a Timbuctù tra l’esercito francese e quello maliano – e una relazione politica diventata complessa dopo il secondo colpo di stato del maggio scorso.
Macron si assume evidentemente un grande rischio politico presentandosi al cospetto del colonnello Goita e puntando su questo primo contatto personale per uscire dall’impasse.
Difficile trovare due uomini più diversi tra loro, nonostante appartengano alla stessa generazione: il presidente e il colonnello, l’ex studente dell’Ena e l’ufficiale delle forze speciali, il volubile e il taciturno. In caso di fallimento le conseguenze si annunciano considerevoli.
Per esprimere il suo rifiuto di coabitare con i mercenari della Wagner, il 13 dicembre l’Unione europea ha imposto una serie di sanzioni contro la compagnia militare privata vicina a Putin. In caso di arrivo della Wagner in Mali (alcuni elementi sarebbero già sul posto) la Francia e l’Europa dovranno trarne le dovute conseguenze.
La forza Takuba, che porterà avanti le operazioni antiterrorismo in Sahel dopo la fine della missione Barkhane, è composta dai reparti speciali di diversi paesi europei, non soltanto della Francia. L’arrivo della Wagner potrebbe rimettere tutto in discussione.
Oggi a essere minacciata è l’intera architettura degli ultimi nove anni di guerra contro il terrorismo. Nel 2013 la Francia era stata accolta a Timbuctù da liberatrice dopo mesi in cui la popolazione aveva vissuto sotto il giogo jihadista. Oggi i francesi abbandonano la città senza aver trovato una soluzione e con una situazione della sicurezza che si sta degradando in tutta la zona del Sahel.
Il Mali è l’epicentro di una delle linee di frattura del mondo, quella che separa jihadisti, russi, occidentali, e un’Africa che non riesce a trovare la propria strada. Un argomento di conversazione complicato per il presidente e il colonnello.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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