I missili iraniani sull’Iraq infiammano ancora di più il mondo
Nella notte tra il 12 e il 13 marzo una decina di missili ha colpito un quartiere alla periferia di Erbil, capitale del Kurdistan iraniano, non lontano dal nuovo consolato degli Stati Uniti. Il bilancio è di pochi feriti, niente di drammatico, e il consolato non è stato colpito. Ma allora perché parlarne? È una questione di contesto, che con la guerra in Ucraina in sottofondo diventa inquietante.
Prima di tutto bisogna considerare il fatto che i missili arrivano dall’Iran, paese confinante a nord con l’Iraq: l’attacco è stato rivendicato dai guardiani della rivoluzione, il braccio armato della Repubblica islamica, con un comunicato che presenta l’offensiva come una rappresaglia per un recente raid israeliano in Siria in cui sono morti due esponenti dell’organizzazione radicale.
I guardiani puntano il dito contro Israele e gli Stati Uniti, precisando – i simboli sono importanti – che l’azione si è svolta all’una e mezza del mattino, la stessa ora in cui gli statunitensi avevano eliminato il capo dell’organizzazione, il generale Ghassan Soleimani, con un missile lanciato su Baghdad nel 2020.
Una questione di contesto, dicevamo. Contemporaneamente a questa vicenda, a Vienna, si svolgono i negoziati per rimettere in carreggiata l’accordo sul nucleare iraniano da cui Donald Trump aveva ritirato gli Stati Uniti. La settimana scorsa il testo era quasi pronto alla firma, ma la Russia ha avanzato una condizione dell’ultimo minuto che non ha alcun riferimento al nucleare ma è chiaramente legata all’Ucraina.
La finestra per un buon esito del negoziato sul nucleare iraniano rischia di chiudersi presto
Mosca pretende che gli scambi con l’Iran in tutti gli ambiti siano esclusi dalle sanzioni che riguardano la Russia. I diplomatici impegnati da mesi in questo negoziato estremamente complesso sono esasperati. Secondo un europeo la Russia ha preso in ostaggio l’accordo. L’ordine è arrivato dall’alto, sorprendendo persino la delegazione russa.
Gli europei stanno cercando di salvare l’accordo. Il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz ne hanno parlato il 12 marzo con Vladimir Putin, perché la finestra per un buon esito rischia di chiudersi velocemente e il nucleare iraniano potrebbe tornare al centro di una crisi.
Il lancio di missili non complica necessariamente la questione, sempre che la Russia sia disposta a cancellare il proprio veto. Tutti gli altri partner – statunitensi, cinesi, europei e iraniani – sono d’accordo a proposito della firma di un testo in base a cui l’Iran tornerebbe indietro sulle violazioni nucleari che lo avvicinano all’arma atomica mentre gli Stati Uniti cancellerebbero progressivamente le sanzioni unilaterali che penalizzano gravemente Teheran.
Tuttavia l’episodio dei missili dimostra che parte del regime iraniano non è favorevole alla distensione con Washington. In questo senso non dobbiamo dimenticare che i guardiani della rivoluzione sono impegnati dal 2014 al fianco della Russia in Siria.
Senza avventurarci nella teoria del complotto secondo cui tutti i conflitti del mondo si stanno risvegliando contemporaneamente per indebolire l’occidente, è innegabile l’esistenza di un clima internazionale infiammabile. Gli statunitensi lo sanno bene e per questo non hanno reagito al lancio dei missili, laddove in un altro momento avrebbero risposto prontamente. Di sicuro questa non sarà l’ultima provocazione.
(Traduzione di Andrea Sparacino)