Come previsto, la sera del 20 aprile gli interventi sulla Russia e sull’Europa, nel corso del dibattito televisivo in vista del secondo turno delle elezioni presidenziali francesi, hanno evidenziato alcune delle differenze più profonde tra Marine Le Pen ed Emmanuel Macron.
Macron si è presentato con la chiara intenzione di spingere la candidata del Rassemblement national a chiarire la natura dei suoi rapporti con Vladimir Putin, laddove Le Pen preferisce ricordare la sua condanna dell’invasione russa dell’Ucraina.
In quello che resterà un momento memorabile del dibattito, Macron ha sferrato il suo affondo: “Signora Le Pen, quando lei parla alla Russia sta parlando al suo banchiere. Lei dipende dal governo russo”. Il presidente si riferiva al prestito ottenuto nel 2015 da Le Pen da parte di una banca russa. Le Pen ha risposto sottolineando che nessun istituto francese aveva accettato di concederle un finanziamento. Secondo Macron, però, non si trattava semplicemente di una banca, ma di un ingranaggio del potere russo.
Con questo attacco Macron ha voluto porre il problema della fiducia nel caso in cui Le Pen dovesse vincere le elezioni, insinuando che tuttora sia debitrice nei confronti di Putin. È stata una mossa parecchio aggressiva. Bisogna tornare indietro alla guerra fredda per ritrovare una simile accusa di dipendenza da una potenza straniera.
Dentro o fuori
La costruzione europea è stata l’altro tema che ha evidenziato le divergenze tra i due candidati. Anche in questo caso Macron ha voluto costringere Le Pen a riconoscere che il suo programma potrebbe portare a un’uscita della Francia dall’Unione europea.
Nel 2017 la situazione era più chiara. Le Pen voleva uscire dall’euro per mettere in atto il suo programma politico. Oggi quell’elemento è stato eliminato e sostituito da un’adesione a “un’Europa delle nazioni”, una proposta apparentemente meno radicale.
Lo scambio di battute tra i due candidati non è stato determinante come nel 2017 per illustrare i rispettivi progetti europei. Quello di Macron, d’altronde, è semplice: il presidente vuole proseguire sulla rotta seguita finora, mantenendo l’alleanza con la Germania per rafforzare e sviluppare l’Unione. Le Pen ha un piano più complesso: vuole cambiare le regole del gioco pur ribadendo che non intende uscire dal club.
I termini ideologici del dibattito – “globalisti”, “sovranisti” – non sono stati pronunciati, anche perché i due candidati sanno bene che il grande pubblico non attribuisce molta importanza alle lotte ideologiche. Ma è evidente che abbiamo assistito allo scontro tra due visioni, pur nella confusione di un dibattito politico di tale importanza.
Di sicuro gli spettatori avranno tratto almeno un paio di conclusioni dal confronto. Macron è risuscito a seminare il dubbio sull’autonomia reale di Le Pen rispetto al regime russo, malgrado la condanna dell’invasione da parte della sua avversaria. Tuttavia questo dubbio esisteva già in precedenza e non ha impedito a Le Pen di arrivare al secondo turno.
La scelta sul futuro dell’Europa è fondamentale nel 2022 come lo era nel 2017, e oggi gli alleati della Francia osservano con preoccupazione le elezioni. Non è detto che il dibattito del 20 aprile abbia spostato molti voti, ma almeno sulle questioni internazionali ha raggiunto l’obiettivo: chiarire a beneficio degli elettori le posizioni dei due candidati.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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