I leader di quasi tutti i paesi europei hanno sicuramente tirato un sospiro di sollievo all’annuncio della vittoria di Emmanuel Macron in Francia. Il sito del settimanale tedesco Der Spiegel ha riassunto questo stato d’animo con un titolo composto solo da un’esclamazione: “Aah!” La posta in gioco, d’altronde, era semplice: il fallimento della candidata di estrema destra Marine Le Pen ha risparmiato all’Unione europea (Ue) una crisi potenzialmente fatale in un momento di grande tensione con la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.

Il programma della leader del Rassemblement national era meno radicale ed meno ostile all’Europa rispetto al 2017, ma le sue posizioni avrebbero comunque provocato una paralisi delle istituzioni e una “Frexit” di fatto, cioè un’uscita della Francia dall’Ue, indebolendo il fronte unito dell’Europa davanti a Vladimir Putin.

Diversi commentatori europei hanno presentato il risultato del secondo turno delle presidenziali francesi come una “sconfitta per Putin”, perché il presidente russo, in pieno braccio di ferro con l’occidente, sarebbe stato il principale beneficiario di una crisi all’interno dell’Unione europea. A livello internazionale, insomma, il voto è stato vissuto in modo molto diverso rispetto al dibattito interno alla Francia. Il ritorno della guerra e le sue conseguenze sono evidentemente i fattori principali che influenzano la politica europea attuale, ma non sono gli unici.

Da anni è in corso una battaglia per il controllo dell’Europa, con le forze populiste che rifiutano il principio di una unione sempre più stretta

Ormai da anni è in corso una battaglia per il controllo dell’Europa, con l’ascesa delle forze populiste che rifiutano il principio di una “unione sempre più stretta” sancito dal trattato fondativo di Roma. Nel 2016 la vittoria della Brexit e quella di Donald Trump negli Stati Uniti avevano dato l’impressione di un rullo compressore che avrebbe triturato le democrazie liberali a vantaggio di quello che Viktor Orbán, primo ministro ungherese, definisce “illiberalismo”.

Ma il 24 aprile questa corrente ha subito due sconfitte: quella di Le Pen in Francia e quella del primo ministro sloveno Janez Jansa, il cui partito ha perso le legislative. Il populista Jansa è un alleato di Orbán, che a questo punto si ritrova solo. Il primo ministro ungherese, nonostante abbia ottenuto una comoda vittoria elettorale all’inizio di aprile, è in difficoltà nella sua strategia di alleanze che vorrebbe ridurre il progetto europeo a una serie di semplici collaborazioni tra nazioni.

Da quando è uscito dai ranghi della destra conservatrice Orbán cerca di costruire un’alleanza ostile al progetto europeo. Le Pen ne fa parte, come Matteo Salvini, leader della Lega in Italia. Finora, però, il piano non ha avuto successo.

La guerra in Ucraina ha sconvolto il panorama politico, e il rapporto con la Russia è diventato una causa costante di divisioni. In questo contesto, segnato da un’Europa la cui coesione è messa in pericolo dalla necessità di rispondere all’aggressione russa, Emmanuel Macron si lancerà nuovamente nell’arena europea.

Il presidente si recherà a Berlino per la rituale prima visita dopo la vittoria, ma in questo caso si tratterà anche di un appuntamento significativo alla luce delle esitazioni tedesche a proposito della Russia. Macron, che per i prossimi due mesi gestirà la presidenza di turno dell’Unione europea, è riuscito a compattare l’Europa su una linea comune. Questa resta la sua priorità. La vittoria su Le Pen gli regala l’autorità e i mezzi necessari per andare avanti.

Traduzione di Andrea Sparacino

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