Nella disgregazione attuale del mondo esistono guerre, carenze e tensioni economiche. E c’è anche un paese in stato di fallimento: è lo Sri Lanka, isola popolata da 22 milioni di abitanti a sud dell’India. Fallimento, proprio come un’azienda o un imprenditore. Il governo locale ha annunciato che a partire dal 17 aprile non avrà più petrolio disponibile, perché non possiede i dollari per comprarlo. Tre navi cisterna piene attendono al largo dell’isola, ma pretendono di essere pagate prima di consegnare il carico. Il problema è che le casse sono vuote.
Lo Sri Lanka attraversa la peggiore crisi economica dall’indipendenza (nel 1948), incapace di rimborsare gli otto miliardi di dollari di interessi sul debito internazionale che maturano quest’anno. Ogni giorno la corrente elettrica viene interrotta per diverse ore. Mancano le medicine e i prodotti alimentari. L’impoverimento è generalizzato… Questa situazione disastrosa si abbina a una crisi politica acuta, nel contesto di una geopolitica molto delicata, in sospeso tra la Cina e l’India.
Sfruttamento sistematico
Diversi fattori hanno contribuito a creare questa catastrofe, con un mix tra gestione inadeguata (a cominciare dall’eccessivo indebitamento) ed elementi esterni come la pandemia, che ha fermato il turismo, e la guerra in Ucraina, che ha spinto alle stelle i prezzi dell’energia e dei cereali. Ma non possiamo tralasciare lo sfruttamento sistematico del paese da parte di una dinastia politica, la famiglia Rajapaksa, su cui ricade buona parte della responsabilità per quanto sta accadendo. Fatta eccezione per un breve intermezzo, i Rajapaksa hanno governato lo Sri Lanka costantemente negli ultimi vent’anni, esercitando un potere ultranazionalista e corrotto.
Il paese ha dovuto cedere il controllo di un porto in acque profonde a un’azienda statale cinese per 99 anni
Fino a poco tempo fa il presidente e il primo ministro erano due fratelli, mentre altri componenti del clan si spartivano i ruoli chiave. Ad aprile la popolazione è scesa in strada per manifestare la propria collera per il peggioramento della situazione, provocando la caduta del governo. Resta il presidente Gotabaya Rajapaksa, avvinghiato al potere con la scusa dell’unità nazionale.
Sofferente e allo stremo, il paese si è rivolto al Fondo monetario internazionale per chiedere aiuto, consapevole di dover accettare condizioni draconiane. Oggi lo Sri Lanka cerca di sollecitare anche le due potenze regionali rivali, la Cina e l’India. È in questo senso, al di là delle sofferenze inflitte alla popolazione, che il destino dello Sri Lanka assume una dimensione geopolitica. Il primo creditore del paese è la Cina, che ha moltiplicato i crediti nel quadro delle nuove vie della seta.
Ma c’è stato un grave incidente di percorso. Impossibilitato a rimborsare il debito, lo Sri Lanka ha dovuto cedere il controllo di un porto in acque profonde a un’azienda statale cinese per 99 anni, danneggiando la vicina India. Dallo Sri Lanka nell’oceano Indiano alle isole Salomone nel Pacifico del sud è difficile sfuggire al clima da guerra fredda che si infiltra ovunque nella regione indo-pacifica.
In stato di fallimento generale, lo Sri Lanka ci mostra cosa rischia un buon numero di paesi indeboliti che vengono spinti verso la crisi dalle conseguenze della pandemia e della guerra in Ucraina. Il mondo deve prepararsi ad affrontare queste crisi, perché il potenziale di destabilizzazione è enorme.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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