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Il viaggio di Putin a Minsk fa temere l’apertura di un nuovo fronte di guerra

Minsk, Bielorussia, 19 dicembre 2022. Aleksandr Lukašenko con Vladimir Putin nel palazzo presidenziale. (Cremlino/Sputnik/Epa/Ansa)

Dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina il presidente russo ha viaggiato poco all’estero. Anche per questo la sua visita in Bielorussia del 19 dicembre assume un significato particolare e fa temere un’estensione della guerra.

Tanto più che questo viaggio coincide con l’annuncio di manovre militari congiunte tra Russia e Belorussia, come già accaduto nelle settimane che hanno preceduto l’ingresso delle truppe russe in Ucraina, proprio a partire dal territorio bielorusso.

Vladimir Putin prepara l’apertura di un nuovo fronte a nord, come a febbraio? Non in tempi brevi. Secondo i servizi segreti occidentali, infatti, non esistono indizi in tal senso.

La leader dell’opposizione bielorussa all’estero, l’ex candidata alla presidenza Svetlana Tichanovskaja, ritiene comunque che il rischio di un invio di truppe bielorusse in Ucraina nelle prossime settimane sia concreto, e invita il governo di Kiev a prepararsi a questa evenienza.

La Bielorussia è un attore speciale di questa guerra. Il suo territorio ha avuto la funzione di punto di partenza per i carri armati e per le truppe russe che il 24 febbraio scorso sono partite all’attacco di Kiev. Ma da allora Minsk ha mantenuto un atteggiamento discreto, senza partecipare allo sforzo bellico russo se non come retroguardia.

Il rapporto tra Putin e il presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko è piuttosto complicato. Il despota di Minsk ha tenuto per molto tempo la Russia a distanza di sicurezza, nel timore di farsi inghiottire. Tuttavia dopo le elezioni dell’estate del 2020, truccate dal regime che è stato punito con una serie di sanzioni, la Bielorussia si è schierata nettamente dalla parte di Mosca, sua unica ancora di salvezza.

Se Putin pretendesse un ingresso della Bielorussia in guerra Lukašenko non potrebbe rifiutarsi a lungo. L’apertura di un fronte a nord o semplicemente la minaccia di scatenarlo concederebbero alla Russia il vantaggio di impegnare una parte delle truppe ucraine, al momento concentrate nell’est e nel sud del paese.

Lukašenko, dal canto suo, non desidera una simile evoluzione e cerca di sopravvivere in un contesto di crisi. Il dittatore di Minsk vuole evitare di farsi trascinare in una guerra che potrebbe risvegliare l’opposizione interna.

La Bielorussia è una grande prigione. Al momento nelle carceri del paese sono rinchiusi 1.443 oppositori politici. In rapporto alla popolazione si tratta del tasso più elevato al mondo. Dopo larepressione del 2020 l’opposizione è stata messa a tacere o è stata costretta a rifugiarsi in esilio in Polonia e negli Stati baltici.

Ma secondo un sondaggio informale tre quarti dei bielorussi sono contrari all’ingresso in guerra del loro paese. Come accaduto agli inizi dell’invasione dell’Ucraina, Lukašenko ha buoni motivi per temere atti di sabotaggio.

Il problema è che Putin pensa prima di tutto alla propria strategia, mentre i problemi interni di Lukašenko per lui sono secondari. Secondo i generali ucraini il capo del Cremlino cercherà di rilanciare un’offensiva nelle prossime settimane.

Tra le opzioni non ancora sperimentate c’è l’estensione della guerra a un altro paese, la Bielorussia. Sarebbe la cattiva notizia di questo viaggio di Putin per fare visita a quello che ha definito il suo “migliore alleato”, Lukašenko. Un viaggio che ha tutta l’aria di un azzardo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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