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Un’inchiesta giornalistica rivela le minacce digitali alla democrazia

Bnei Brak, Israele, 23 gennaio 2019. Un ingegnere di Commun.it analizza i gruppi di utenti falsi. (Jack Guez, Afp)

Fin dal 2015, con il referendum sulla Brexit e l’elezione di Donald Trump, sappiamo che la manipolazione dell’opinione pubblica nell’epoca di internet è passata a un livello industriale. Ma la vera sorpresa della vicenda Team Jorge, rivelata il 15 febbraio da un consorzio di giornalisti di tutto il mondo tra cui anche quelli di Radio France, non riguarda l’esistenza di queste pratiche, bensì la loro portata.

La posta in gioco è nientemeno che la sopravvivenza delle nostre società democratiche (che non sono certo perfette), minacciate dall’acquisto illecito d’influenze, dalla manipolazione su vasta scala e da destabilizzazioni di ogni tipo.

Questa realtà esiste e lo sappiamo bene. Qualcuno sminuirà il pericolo sostenendo che le macchinazioni ci sono sempre state anche prima di internet , o che è troppo facile denunciare queste pratiche oggi, in un momento in cui il denaro ricopre già un ruolo enorme in politica, come dimostra il budget di una campagna elettorale per le presidenziali negli Stati Uniti (dove non è limitato, come invece accade in Francia).

Prestazioni diverse
Tutto questo è vero, ma nella notizia arrivata il 15 febbraio c’è qualcosa di specifico (e nuovo): la passività degli stati e la complicità, attiva o meno, delle grandi multinazionali della tecnologia, soprattutto statunitensi.

L’inchiesta, avviata dall’ong francese Forbidden stories, ha rivelato l’esistenza di un’azienda israeliana, Team Jorge, fondata da ex militari, che vende prestazioni diverse da qualsiasi altra. Il problema è la natura di questi servizi che possono andare da una manovra di destabilizzazione di uno stato africano, alla manipolazione di elezioni, all’acquisto di influenza.

Il lassismo dello stato israeliano ha aperto la porta a una serie di abusi

Parte del successo economico israeliano nasce nel mondo della tecnologia, in cui operano ex esponenti delle unità di guerra informatica, tra cui la più famosa è l’Unità 8200. Questa attività è in gran parte legittima. Ne è un esempio il software d’informazioni sulla circolazione stradale Waze, conosciuto in tutto il mondo.

Ma ci sono anche attività meno trasparenti, come ha evidenziato il caso del famoso software spia Pegasus, prodotto dall’azienda Nso e usato dai sauditi per localizzare il giornalista Jamal Khashoggi prima di assassinarlo o dai servizi segreti marocchini per ascoltare le telefonate di Emmanuel Macron. Il lassismo dello stato israeliano ha aperto la porta a una serie di abusi.

La responsabilità dei giganti della tecnologia è ancora più diretta, perché è sulle loro piattaforme che opera Team Jorge. Dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, azienda britannica legata all’estrema destra statunitense e colpevole di manipolazioni su larga scala, i padroni delle multinazionali della tecnologia hanno passato un brutto quarto d’ora, compresa una convocazione di Mark Zuckerberg davanti al congresso degli Stati Uniti.

Queste aziende hanno annunciato misure di sicurezza, ma oggi scopriamo che sono state totalmente insufficienti. In questo momento la presenza di Facebook, Twitter o TikTok nel dibattito pubblico è talmente forte che gli stati non possono disinteressarsene. Le piattaforme devono essere messe davanti alle proprie responsabilità.

Le rivelazioni dell’inchiesta Team Jorge dimostrano che gli annunci fatti negli ultimi anni sono stati solo fumo negli occhi. Gli stati devono regolare e controllare, oppure finiremo travolti da un diluvio di disinformazioni. E nessuno potrà dire “noi non sapevamo”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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