Durante una violenta arringa contro l’occidente, colpevole a suo dire di decadenza e di voler distruggere la Russia, Vladimir Putin ha fatto un annuncio importante: Mosca ha sospeso la partecipazione della Russia al trattato sul controllo della armi nucleari New Start. Di norma solo un manipolo di esperti si interessa di simili questioni, ma il contesto della guerra in Ucraina, evidentemente, ne fa un argomento preoccupante.
La domanda che tutto il pianeta si pone è prevedibile: questo annuncio rende possibile una guerra nucleare? In altri termini: il 21 febbraio il mondo è diventato più pericoloso?
Dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, un anno fa, il presidente russo ha agitato ripetutamente la minaccia nucleare, mentre i suoi propagandisti alla tv russa continuano a spiegare quanto tempo ci vorrebbe per sganciare una bomba atomica su Parigi o Berlino. Ma bisogna dirlo chiaramente: nell’ultimo anno non è cambiato niente nella postura nucleare dell’esercito russo, e l’annuncio del 21 febbraio non cambia niente, almeno a breve termine.
Ultimo residuo dei grandi accordi
Il trattato New Start è stato firmato nel 2010 da Barack Obama e Dmitrij Medvedev, durante l’intermezzo di quest’ultimo alla presidenza. Il trattato doveva scadere nel febbraio 2021, ma il primo gesto compiuto da Joe Biden dopo l’insediamento, nel gennaio di quell’anno, è stato quello di prolungarlo di cinque anni. Questo dimostra quanto fosse importante il trattato agli occhi di Washington e quale sia stato il degrado dei rapporti russo-statunitensi negli ultimi due anni.
Il trattato era l’ultimo residuo dei grandi accordi per il disarmo o il controllo degli armamenti del dopo guerra fredda. Il documento limitava a 1.550 il numero di testate nucleari e a 700 quello dei lanciatori nucleari strategici. Può sembrare molto, ma è una cifra considerevolmente più bassa rispetto agli arsenali della guerra fredda.
L’impatto diretto sul conflitto è irrilevante, ma gli effetti dell’annuncio sono globali
Ma soprattutto il New Start autorizzava 18 ispezioni all’anno che permettevano per esempio di verificare il numero di testate nucleari presenti su un missile intercontinentale. A gennaio un rapporto statunitense ha accusato per la prima volta la Russia di non consentire le ispezioni, violando i termini del trattato. L’annuncio del 21 febbraio è la conseguenza di quell’episodio.
Il rapporto tra la notizia e la guerra in Ucraina non è diretto, ma prima di tutto psicologico. Putin usa il nucleare per farci paura, e sa bene che l’opinione pubblica potrebbe interpretare l’uscita dal trattato come un preludio a una guerra nucleare.
L’impatto diretto sul conflitto, però, è irrilevante, tanto più che le armi nucleari tattiche, ovvero la minibombe atomiche per uso locale, non sono inserite nel New Start. È di questi ordigni che si è parlato spesso. Gli statunitensi hanno fatto sapere ai russi che qualsiasi ricorso alle armi atomiche, anche se tattiche, comporterebbe la distruzione dell’intera presenza militare russa in territorio ucraino, compresa la flotta sul mar Nero di stanza in Crimea.
Gli effetti dell’annuncio sono invece globali, e riguardano il rischio di un rilancio della corsa agli armamenti, che non sarebbe certo limitata alla Russia. La Cina, che non è sottoposta ai trattati, sta modernizzando il proprio arsenale, mentre la Corea del Sud si domanda pubblicamente se sia il caso di dotarsi della bomba atomica e l’Iran si avvicina ogni giorno di più alla soglia nucleare. L’annuncio di Putin, da questo punto di vista, è una pessima notizia per il mondo intero.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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Nella puntata del 22 febbraio del podcast di Internazionale, Il Mondo, si parla di come può finire la guerra in Ucraina con Jacopo Zanchini, vicedirettore di Internazionale.
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