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Il mondo frammentato un anno dopo l’invasione dell’Ucraina

Mosca, 22 febbraio 2023. Il presidente russo Vladimir Putin con Wang Yi, capo della diplomazia cinese. (Anton Novoderezhkin, Sputkin/Reuters/Contrasto)

La parola che ritorna più spesso quando si parla dello stato del mondo nell’epoca della guerra in Ucraina è “frammentato”. Evidentemente si tratta di un eufemismo, come dimostrano le profondissime divisioni a cui abbiamo assistito negli ultimi giorni.

Come se si fossero messi d’accordo, Vladimir Putin e Joe Biden hanno incrementato la loro attività: il primo per attaccare duramente l’occidente, colpevole a suo dire di tutti i mali; il secondo per ribadire il proprio sostegno totale all’Ucraina davanti all’aggressione russa.

Ma il mondo non è bipolare come lo era ai tempi della guerra fredda. In questa settimana in cui ricorre l’anniversario dell’invasione, la Cina si è invitata alla festa con la visita a Monaco e a Mosca di Wang Yi, il capo della diplomazia di Pechino. Il 23 febbraio Wang, al fianco di Putin, ha parlato di un rapporto “solido come una roccia” tra i due paesi, senza però varcare il Rubicone approvando la guerra russa.

Il mondo di domani
Cosa significa questo balletto dei tre giganti, al cui confronto gli europei sono (ammettiamolo) poco efficaci e il resto del mondo si limita al ruolo di testimone innervosito? Prima di tutto è chiaro che l’esito di questa guerra definirà il mondo di domani, e questo spiega la portata del conflitto.

Putin ha lanciato il suo esercito all’assalto dell’Ucraina per ricreare una “sfera d’influenza”. L’invasione fallita si è trasformata in un test dei rapporti di forza tra una Russia che sogna di tornare imperiale e un occidente rinvigorito dalla minaccia alle proprie frontiere.

Per gli Stati Uniti la guerra è diventata una prova di credibilità dopo la disfatta di Kabul del 2021

Oltre all’Ucraina è tutta la regione a essere minacciata, a cominciare dalla piccola Moldova ex sovietica che negli ultimi giorni ha visto aumentare i pericoli per la sua integrità. I conflitti “congelati” da anni (in Moldova, in Georgia e in altri contesti precari nel Caucaso e in Asia centrale) risentono dello scontro attuale.

Per gli Stati Uniti la guerra è diventata una prova di credibilità dopo la disfatta di Kabul dell’agosto del 2021, con il conflitto sempre più teso con la Cina, che resta nel mirino. Un diplomatico statunitense ha ammesso che a Washington, sostenendo l’Ucraina, hanno comunque in mente la Cina.

Da un anno gli occidentali attendono come l’arrivo del Messia un qualunque segnale di allontanamento tra la Cina e la Russia. Ma questo segnale non è arrivato, e la propaganda cinese diffonde all’infinito le argomentazioni russe.

In ogni caso il mondo oggi sarebbe molto diverso se la Cina si fosse impegnata nel conflitto o se, scenario catastrofico, avesse aperto un secondo fronte a Taiwan. Il segretario di stato americano Anthony Blinken ha accusato la Cina di voler consegnare armi alla Russia, ma Pechino ha smentito la notizia. La Cina, al contrario, ha annunciato di voler presentare un piano di pace, che però alimenta un forte scetticismo.

La realtà di oggi è che abbiamo due potenze che vogliono rimettere in discussione il dominio occidentale. Questa guerra ha rivelato che buona parte del mondo condivide questo obiettivo. L’occidente, in sostanza, viene accusato di abuso di posizione dominante.

In gioco c’è l’approccio alla geopolitica: un’invasione militare e la legge del più forte ci farebbero ritornare al mondo del passato, quando gli imperi si formavano a suon di conquiste. È in quest’ottica che l’Ucraina è diventata un simbolo che non possiamo lasciar cadere.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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