Come fermare un’escalation verbale, diplomatica e politica prima che porti a qualcosa di più grave?
Ciò che sta succedendo tra Stati Uniti e Cina assume una portata sempre più vasta e minacciosa, soprattutto considerando che parliamo delle due principali potenze economiche e militari del pianeta.
Il 7 marzo, in occasione di una conferenza stampa a margine della sessione parlamentare che confermerà Xi Jinping alla guida dello stato, il nuovo ministro degli esteri cinese Qin Gang ha fatto un ingresso notevole sulla scena diplomatica. Qin, in precedenza ambasciatore cinese a Washington, conosce bene il mondo statunitense, a cui ha riservato un avvertimento piuttosto perentorio.
“Se gli Stati Uniti non freneranno ma continueranno ad accelerare nella direzione sbagliata, nessun sistema di sicurezza potrà scongiurare un deragliamento, e avremo sicuramente uno scontro”.
In questi tempi incerti la vicenda consente a Xi di compattare l’apparato del partito contro il nemico comune
È la prima volta che Pechino parla in modo così esplicito del rischio di un conflitto. Il 6 marzo Xi aveva denunciato le azioni di “contenimento” della Cina da parte degli statunitensi, riprendendo un’espressione in voga ai tempi della guerra fredda.
Per capire le parole dei cinesi bisogna tenere presente il contesto. A novembre Joe Biden e Xi Jinping si erano incontrati a Bali in occasione del G20, dove avevano concordato un dialogo per imparare a gestire i propri disaccordi.
Ma la crisi dei palloni spia che il mese scorso hanno sorvolato gli Stati Uniti ha fatto precipitare la situazione. La visita a Pechino del segretario di stato Antony Blinken è stata annullata, e da allora i toni continuano a inasprirsi. La finestra utile per la distensione è stata evidentemente mancata e rischia di non riaprirsi per molto tempo. Questo significa che bisognerà affrontare i rischi del caso e soprattutto fare i conti con la convinzione di Pechino che nulla potrà distogliere Washington dalla sua ossessione cinese.
In questi tempi incerti la vicenda consente evidentemente a Xi di compattare l’apparato del partito contro il nemico comune. Ma i temi di scontro sono tanti, dal destino di Taiwan alla libertà di navigazione nel mar Cinese meridionale fino alla guerra tecnologica, a cui bisogna aggiungere il conflitto in Ucraina e la questione dei legami tra Pechino e Mosca, diventata cruciale.
La dichiarazione del capo della diplomazia cinese è stata una risposta agli avvertimenti statunitensi arrivati la settimana scorsa a proposito delle eventuali consegne di armi cinesi alla Russia. Il 7 marzo Qi ha sottolineato la bontà dei rapporti tra Cina e Russia parlando di “fiducia strategica”, ma non ha fatto parola del possibile sostegno militare a Mosca, che per Washington costituisce chiaramente un punto di non ritorno.
I rapporti tra Stati Uniti e Cina saranno messi a dura prova nei prossimi mesi. Ad aprile la presidente di Taiwan Tsai Ing-wen farà scalo negli Stati Uniti, una visita considerata molto provocatoria nei confronti di Pechino.
Ma soprattutto è chiaro che la Cina sarà un argomento dominante durante la campagna per le elezioni presidenziali del 2024 negli Stati Uniti. In settimana Donald Trump ha dichiarato di essere l’unico a poter scongiurare la terza guerra mondiale: un rilancio che complica qualsiasi allentamento della tensione da parte dell’amministrazione statunitense di fronte a una Cina che deve gestire anch’essa le proprie tensioni interne. Il pericolo è concreto e innegabile.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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