Macron prende le distanze dalla politica statunitense nei confronti della Cina
La sera del 7 aprile, mentre l’aereo presidenziale francese stava per decollare dalla città cinese di Canton, Pechino ha annunciato tre giorni di esercitazioni militari intorno all’isola di Taiwan, una rappresaglia per la visita della presidente taiwanese Tsai Ing-wen negli Stati Uniti. Secondo Emmanuel Macron, questi eventi dimostrano che la Francia e l’Europa rischiano di essere trascinati in una dinamica pericolosa, che comprometterebbe qualsiasi progetto di autonomia strategica europea. Uno scenario di questo tipo, secondo Macron, trasformerebbe i paesi del continente in “vassalli” degli Stati Uniti.
Questa è la chiave che serve per leggere la visita di tre giorni di Macron in Cina e le sette ore di colloqui con il leader cinese Xi Jinping. In un’intervista concessa a France Inter e a due altre testate mentre l’aereo presidenziale sorvolava la Cina, il presidente francese ha spiegato il suo punto di vista.
Macron difende una posizione che rischia di irritare sia gli statunitensi sia una parte degli europei, e che tra l’altro potrebbe portare i cittadini francesi a pensare che il loro presidente stia scendendo a patti con la dittatura cinese. Ma bisogna tenere presente che Macron agisce in un contesto geopolitico particolare, segnato da una nuova guerra fredda tra Washington e Pechino, che potrebbe anche diventare “calda”.
Macron ha lanciato un avvertimento: “Se mettiamo le basi per una vera autonomia strategica europea, sarebbe paradossale seguire la politica statunitense in una sorta di riflesso dettato dal panico”.
Durante l’intervista Il presidente francese ha preso nettamente le distanze dalla politica degli Stati Uniti nei confronti della Cina. “La trappola, per noi europei, sarebbe quella di ritrovarci invischiati in crisi che non sono le nostre proprio nel momento in cui riusciamo a chiarire la nostra posizione strategica e in cui siamo più autonomi di quanto non fossimo prima della pandemia. In un mondo segnato dal duopolio tra Stati Uniti e Cina, noi non avremmo né il tempo né i mezzi per finanziare la nostra autonomia strategica, e finiremmo per diventare vassalli laddove invece, se solo avessimo avuto qualche anno di tempo, avremmo potuto costituire un terzo polo”.
È la prima volta che Macron esprime così apertamente la sua sfiducia, se non addirittura la sua ostilità, nei confronti della politica americana sulla Cina. Un posizionamento che viene complicato dal ruolo cruciale ricoperto dagli Stati Uniti nel sostegno all’Ucraina.
Nel contesto della guerra, infatti, una parte dell’Europa non vuole assolutamente assumersi il rischio di innervosire gli Stati Uniti, a cominciare dai paesi dell’est, che di sicuro non apprezzeranno il discorso del presidente francese.
C’è un grande paradosso nel momento che stiamo vivendo: andando a Pechino, Macron e la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen avevano in mente l’Ucraina e l’Europa, mentre Xi Jinping coltiva un’unica ossessione – il suo scontro con Washington – e interpreta tutto attraverso questo prisma. Il rischio, in questo senso, è che Xi consideri la posizione francese come una testa di ponte per rompere il fronte occidentale.
La “terza via” difesa da Macron è esposta agli effetti della radicalizzazione dell’antagonismo tra Stati Uniti e Cina, e in quest’ottica il problema di Taiwan è assolutamente centrale. Quando parla di “crisi che non sono le nostre”, Macron si riferisce esattamente a questo. “Abbiamo interesse a vedere un’escalation su Taiwan?”, si domanda Macron, prima di rispondere. La risposta è “no”. Il problema è che davanti alle navi e agli aerei cinesi che accerchiano l’isola, la terza via europea sembra estremamente fragile.
(Traduzione di Andrea Sparacino)