Le spese militari battono tutti i record ma i pacifisti tacciono
Quarant’anni fa il presidente francese François Mitterrand aveva pronunciato una frase che aveva fatto scalpore: “I pacifisti sono a ovest, i missili sono a est”. Eravamo in piena guerra fredda e nelle città tedesche erano in corso manifestazioni pacifiste contro lo spiegamento di missili statunitensi in risposta a quelli dell’Unione Sovietica. Il presidente socialista aveva voluto sottolineare il grande paradosso per cui il pacifismo rischiava di lasciare l’Europa occidentale senza difese.
Oggi la situazione è diversa: i pacifisti non sono né a ovest né a est. In Europa e altrove, infatti, non c’è traccia di manifestazioni pacifiste di rilievo, e questo nonostante le spese miliari stiano schizzando alle stelle in tutto il mondo.
I dati pubblicati dall’istituto Sipri di Stoccolma, punto di riferimento in materia, indicano che il 2022 ha battuto tutti i record di spese militari. D’altronde è stato l’anno dell’invasione dell’Ucraina, delle grandi manovre cinesi attorno a Taiwan e di un aumento generale delle tensioni. Ma la tendenza era già evidente da tempo.
Aumento incessante
L’anno scorso, in tutto il mondo, è stato speso un totale astronomico di 2.240 miliardi di dollari per le attività militari. Secondo il Sipri quest’anno la cifra è destinata ad aumentare ancora.
Negli ultimi mesi abbiamo vissuto al ritmo degli annunci dell’aumento dei bilanci per la difesa: in Germania, in Polonia (dove raggiungeranno il 4 per cento del pil), in Giappone (dove raddoppieranno), in Cina (dove aumentano per il 29º anno consecutivo) e anche in Francia, dove la legge di programmazione militare 2024-2030 comprende un aumento del 40 per cento rispetto a quella precedente. In Russia, Vladimir Putin ha dichiarato seccamente che “non ci sono limiti alle spese militari”.
Perfino i verdi tedeschi, al governo, sono i primi a sostenere lo sforzo militare
Il Sipri Yearbook 2023 pubblicato il 12 giugno evidenzia un altro fenomeno inquietante: un ritorno dell’aumento delle testate nucleari sparse per il globo dopo la riduzione avviata alla fine della guerra fredda. L’incremento è dovuto soprattutto alla Cina, con 86 nuove testate nucleari prodotte in un anno. Secondo il Sipri “la Cina ha attuato un ampliamento significativo del suo arsenale nucleare”, mentre la Russia e gli Stati Uniti restano a un livello elevato ma stabile.
L’elemento sorprendente è che nessuno sta contestando queste spese militari: evidentemente il clima internazionale è talmente teso – in Europa con l’Ucraina, in Asia con diversi focolai di conflitto e in Medio Oriente – che non suscitano alcun dibattito.
Nei paesi autoritari la ragione di questo fenomeno è evidente, mentre lo è meno nei paesi democratici, dove è possibile che la preoccupazione provocata dai conflitti abbia frenato qualsiasi contestazione alle spese. In ogni caso nessuno ha voluto sottolineare che queste cifre avrebbero potuto essere investite nella transizione ecologica, per esempio. Perfino i verdi tedeschi, al governo, sono i primi a sostenere lo sforzo militare.
Senza dubbio Putin sperava in una reazione diversa. Nell’operazione di disinformazione orchestrata da Mosca, rivelata il 13 giugno dal ministero degli esteri francese, è stata fatta circolare la notizia falsa di una tassa speciale per armare l’Ucraina. In Russia, evidentemente, hanno nostalgia dei tempi in cui i pacifisti erano a ovest e i missili a est. Ma quell’epoca è ormai lontana.
(Traduzione di Andrea Sparacino)