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Se gli hacker vengono hackerati: una fuga di notizie dalla Cina

L’ufficio di i-Soon a Chengdu, in Cina, 20 febbraio 2024. (Dake Kang, Ap/LaPresse)

Conosciamo bene le rivelazioni di Edward Snowden sulla sorveglianza statunitense e i Panama papers sui paradisi fiscali, ma in pochi si aspettavano di trovare su internet documenti riservati provenienti dalla Cina. La vicenda è significativa.

I documenti in questione, giudicati credibili dagli esperti, appartengono a un’azienda privata di Shanghai, i-Soon, che offre servizi di hackeraggio ai suoi clienti pubblici e privati. i-Soon è attiva in una ventina di paesi sparsi per il mondo, soprattutto in Asia, come la Corea del Sud, l’India e Taiwan.

Tra i documenti sottratti figura un censimento minuzioso di tutte le strade e i sentieri di Taiwan, l’isola su cui incombe una minaccia di invasione da parte di Pechino. Ma ci sono anche i dati relativi a governi stranieri, ad aziende tecnologiche, a una serie di attacchi informatici e alla sorveglianza nei confronti delle minoranze etniche e degli oppositori in esilio. Queste informazioni sono state fornite ai committenti in cambio di decine o addirittura centinaia di migliaia di dollari.

Tra i clienti di i-Soon c’è il ministero della sicurezza dello stato, l’esercito e la polizia. Il governo cinese, dunque, fa ricorso ad aziende private per ottenere prestazioni chiaramente illegali (poi smentite ufficialmente). Tuttavia bisogna ricordare che in Cina il privato non è mai totalmente privato. La legge, infatti, obbliga qualsiasi azienda a mettersi al servizio della sicurezza nazionale in caso di bisogno.

Al momento non si sa chi abbia provocato la fuga di documenti. Si tratta di una “talpa”, come Snowden, o di un hacker che ha agito dall’esterno, privatamente o per conto di un’istituzione?

Il contenuto dei documenti non sorprende chi segue da vicino l’evoluzione della guerra cibernetica (pubblica o privata che sia) di cui la Cina è un’attrice di primo piano. Ma è raro avere l’occasione di ottenere prove così concrete.

Naturalmente tutti i grandi paesi effettuano operazioni di sorveglianza, spionaggio, raccolta di informazioni e campagne per accrescere la propria influenza, e in questo senso la rete è diventata un terreno di scontro cruciale.

Negli ultimi anni la Cina ha sviluppato il proprio modello operando quella che alcuni ricercatori francesi hanno definito una “russificazione” della ricerca d’influenza. La Russia di Vladimir Putin è stata una pioniera di questo approccio, come dimostra il caso del gruppo Wagner del defunto Prigožin, con le sue “fabbriche di troll” a San Pietroburgo.

Nel rapporto redatto per l’Irsem – il centro di ricerca del ministero dell’esercito francese che si occupa delle “operazioni d’influenza” cinesi – Paul Charon e Jean-Jacques Jeangène-Vilmer hanno sottolineato che “in Cina le imprese pubbliche e private hanno un ruolo importante nella raccolta di dati da cui dipende l’efficacia delle operazioni di influenza”.

La conferma è arrivata con i documenti di i-Soon, azienda che ha finito per essere stata ripagata con la sua stessa moneta. La vicenda è il simbolo di un nuovo mondo in cui il digitale è diventato un campo di battaglia.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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