Le guerre stanno diventando pericolosamente globali
La presenza di soldati nordcoreani in Ucraina al fianco dell’esercito russo, rivelata dalla Corea del Sud e confermata dagli americani, ha fatto immediatamente scattare l’allarme. Certo, la Corea del Nord e l’Iran consegnano da mesi munizioni e droni alla Russia, ma l’invio di uomini al fronte (fino a 12mila secondo Seoul) è una faccenda ben diversa.
Per rendersene conto basta pensare che gli occidentali usano la mancata presenza dei loro soldati sul campo per smentire le accuse di “co-belligeranza” che gli rivolge il Cremlino per i programmi di addestramento e per le armi che vengono consegnate agli ucraini. L’argomento aveva scatenato un acceso dibattito a febbraio, quando il presidente Emmanuel Macron aveva evocato la possibilità di mandare militari francesi in Ucraina, per poi chiarire precipitosamente che si sarebbe trattato soltanto di istruttori.
A dicembre del 2021, poco prima dell’invasione russa, era stato chiesto a Joe Biden se esistesse la possibilità di inviare soldati americani per difendere l’Ucraina. “Non ci pensate nemmeno”, aveva risposto. “Un soldato americano davanti a un soldato russo significa la terza guerra mondiale”.
Sono passati tre anni da allora, e passo dopo passo la guerra – o meglio, le guerre – si stanno allargando sempre di più, tanto da alimentare il dubbio che si stiano internazionalizzando.
I due principali focolai di conflitto (purtroppo non gli unici) sono quello russo-ucraino e quello mediorientale. In questi contesti tutto nasce da questioni locali, come le ambizioni russe sull’Ucraina, il vecchio conflitto israelo-palestinese o la strategia di influenza iraniana.
Tuttavia i meccanismi locali e regionali stanno assumendo via via una dimensione più internazionale. È evidente nel caso dell’Ucraina, soprattutto a causa dell’identità dell’aggressore, la Russia: potenza nucleare, membro permanente del Consiglio di sicurezza e stato deciso a ritrovare il rango di superpotenza.
Verso alleanze contrapposte
Niente di ciò che fa la Russia va letto solo in una prospettiva locale, ma è innegabile che l’intervento della Corea del Nord cambi le carte in tavola. La Corea del Sud, che vive ancora sotto le minacce del vicino del nord a settant’anni dalla fine della guerra, ha immediatamente risposto dicendosi pronta ad aiutare… l’Ucraina! Due paesi asiatici, insomma, partecipano all’internazionalizzazione della guerra.
Possiamo attenderci altri segnali in questa direzione? In realtà sono già arrivati. La settimana scorsa, quando Israele si preparava a rispondere all’attacco iraniano, una batteria antiaerea americana Thaad è stata installata nel territorio dello stato ebraico, accompagnata da una centinaio di soldati incaricati di operarla. Sono i primi a mettere piede nel paese dopo il 7 ottobre, anche se bisogna ricordare che gli Stati Uniti hanno partecipato dall’esterno alla difesa di Israele.
A questo punto resta da capire se la cooperazione tra Russia, Cina, Corea del Nord e Iran sia l’embrione di un’alleanza militare. I legami tra questi paesi sono innegabili, anche sul piano militare. Ma non si tratta di un’alleanza coerente.
Il mese scorso il politologo cinese Zheng Yongnian ha pubblicato un testo in cui si chiedeva se la terza guerra mondiale fosse ormai diventata inevitabile, a causa della crisi dell’ordine mondiale creato nel 1945. La notizia sarebbe passata inosservata se non fosse stata seguita dalla conferma che Xi Jinping aveva letto il testo di Zheng: un modo per sottolineare che andava preso molto sul serio. Sono solo parole ovviamente, ma la decisione nordcoreana rende ancora più preoccupanti i venti di guerra che soffiano sul mondo.
Traduzione di Andrea Sparacino