Ho appreso dell’ultimo cessate il fuoco a Gaza durante un viaggio andata e ritorno da Beirut ad Amman, durante il quale ho passato un po’ di tempo a discutere della situazione nella Striscia con giordani, palestinesi e libanesi che seguono da vicino queste vicende. A prescindere da quello che accadrà a Gaza e nei colloqui per una tregua tra israeliani e palestinesi in programma al Cairo, credo che questo sia un momento unico e potenzialmente cruciale che potrebbe gettare le basi per un futuro migliore, se verranno prese delle decisioni politiche efficaci sulla base degli sviluppi delle ultime settimane.

L’azione politica più importante che i palestinesi dovrebbero intraprendere adesso è la rapida ricostituzione dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). In questo modo i palestinesi potrebbero parlare con una sola voce e godere dell’appoggio totale degli otto milioni di palestinesi sparsi in tutto il mondo. Due importanti sviluppi recenti rendono questa prospettiva possibile e utile: il recente varo di un governo di unità nazionale palestinese guidato da tecnici, e l’invio di una delegazione congiunta di Fatah, Hamas, Jihad islamica e altre fazioni ai colloqui sul cessate il fuoco al Cairo.

Negli ultimi venti anni una debolezza cruciale per i palestinesi è stata la frammentazione politica, che ha portato a una situazione in cui Hamas ha assunto il controllo di Gaza e Fatah quello della Cisgiordania. Fatah ha portato avanti sterili negoziati diplomatici con Israele, mentre Hamas ha scelto la resistenza armata.

Nessuna delle due strategie ha avvicinato i palestinesi a realizzare i loro obiettivi, l’autodeterminazione nazionale, la fine della condizione di rifugiati e il conseguimento di uno stato. Israele ha proseguito la colonizzazione della Cisgiordania e di Gerusalemme e ha continuato ad assediare e attaccare brutalmente Gaza. I palestinesi non hanno ottenuto nulla anche a causa della divisione della loro classe dirigente, una conseguenza dell’occupazione e della diaspora dovuta al conflitto con Israele, ma anche della loro incompetenza e immaturità politica.

Questa pesante limitazione può essere superata se i movimenti politici e le istituzioni di base palestinesi si muoveranno rapidamente per ottenere ciò che oggi è alla loro portata: un movimento nazionale palestinese unificato che persegua un programma di ampio consenso che abbia il sostegno dei palestinesi in tutto il mondo e goda di un forte sostegno diplomatico internazionale. Un simile programma politico unitario per la Palestina si dovrebbe basare sull’accordo che ha portato alla formazione dell’attuale governo di unità nazionale e sul piano di pace arabo del 2002, confermato più volte nel corso di numerosi vertici arabi.

L’unità dei palestinesi aumenterebbe la pressione su Israele, Stati Uniti e altri attori perché accettino di trattare con Hamas e con altri gruppi in quanto parte della leadership palestinese rappresentata dall’Olp e discutere accordi di coesistenza permanente basati sul piano di pace del 2002, che riconosce lo stesso valore ai diritti di israeliani e palestinesi.

Negli ultimi anni le posizioni di Hamas e di altri gruppi militanti si sono evolute abbastanza perché possa accadere quello che era impensabile dieci anni fa. Il coraggio e l’abilità tecnica dimostrate a Gaza consentono inoltre ad Hamas, alla Jihad islamica e ad altri gruppi di avviare negoziati politici più seri con Israele mettendo sul tavolo due elementi che sono sempre mancati ad Al Fatah nella sua infelice esperienza di trattative: da un lato orgoglio e fiducia nelle proprie forze, dall’altro una capacità di deterrenza fondata sull’abilità e la volontà di combattere contro Israele, sopportando pesanti perdite pur di costringere Israele ad accettare ripetuti accordi di cessate il fuoco.

Ricostituire e ridare legittimità alle istituzioni dell’Olp consentirebbe ai negoziatori palestinesi di parlare con una voce più forte e credibile, perché parlerebbero a nome dei palestinesi di tutto il mondo. In tal modo potrebbero affermare la natura democratica e rappresentativa dell’amministrazione palestinese, accrescendo di conseguenza la loro capacità di mobilitare il sostegno popolare tra i palestinesi, gli arabi e altre comunità e governi solidali, di garantire che le posizioni politiche nazionali riflettano un consenso autentico e di rafforzare così l’operato dei negoziatori.

Il governo di unità nazionale, la delegazione unitaria palestinese ai colloqui del Cairo e la solidarietà dopo i combattimenti a Gaza fanno di questo momento un’occasione rara. Le sofferenze, la distruzione e le perdite patite da così tanti palestinesi nell’ultimo mese potrebbero essere il punto di partenza per compiere dei veri progressi politici nell’arena nazionale palestinese. Israele cercherà di impedirlo a tutti i costi, e in passato ha favorito lo stallo della diplomazia perché ha sempre potuto trattare con dei palestinesi divisi piuttosto che con un movimento nazionale unitario.

Una Olp unificata potrebbe inoltre contestare i crimini israeliani ricorrendo a istituzioni internazionali legittime, come la Corte penale internazionale, godendo del sostegno della stragrande maggioranza di palestinesi. L’unificazione dell’Olp dovrebbe essere la priorità dei palestinesi.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

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