I problemi più gravi del Medio Oriente (guerre, terrorismo, militarismo interventista, confessionalismo politicizzato, flussi di rifugiati, povertà e vulnerabilità di massa) riflettono in gran parte le conseguenze di due tendenze principali che hanno caratterizzato il moderno sistema statale arabo nell’ultimo secolo.
Nella prima metà del novecento, più o meno tra il 1920 e il 1970, la regione araba ha portato a termine imponenti processi di costruzione dello stato che hanno gradualmente migliorato la qualità della vita dei cittadini.
Ma tra la fine del novecento e l’inizio del nuovo secolo, dal 1970 al 2020, in quasi la metà degli stati arabi lo slancio di costruzione dello stato si è arenato o si è addirittura invertito. Lo sviluppo economico e sociale ha rallentato dopo il 1990, quando molti dei governi non sostenuti dalle entrate petrolifere non sono stati più in grado di migliorare e neanche di mantenere la qualità della vita di ampie fette della popolazione.
Secondo le Nazioni Unite oggi almeno il 70 per cento di tutti gli arabi sono poveri o vulnerabili, e questa cifra cresce ogni giorno a causa dell’impatto economico del crollo del prezzo del petrolio e della pandemia di covid-19.
Servizi e sicurezza
Sono emerse due importanti dinamiche che hanno portato all’ascesa degli attori non statali. La prima è che alcuni stati hanno cominciato a frammentarsi mentre le autorità locali affermavano il loro potere su un governo centrale indebolito (Sudan, Iraq, Libano, Yemen). La seconda è che in tutti i paesi non petroliferi gli attori non statali hanno assunto un ruolo diretto più ampio nel fornire ai cittadini servizi che per le precedenti tre generazioni erano stati garantiti dallo stato (sicurezza, identità, voce politica, assistenza materiale e servizi essenziali).
In alcune zone gli attori non statali sono diventati così potenti da affiancare gli stati centrali (i Fratelli musulmani, Hezbollah, i gruppi curdi), in altre sono arrivati perfino a rimpiazzarli (Hamas, il gruppo Stato islamico, il Kurdistan, gli huthi, i ribelli del Sud Sudan). Alcuni potenti attori non statali – come Hezbollah, Hamas e gli huthi – sono subentrati allo stato nel ruolo di garanti della sicurezza nazionale, fornendo allo stesso tempo anche i servizi essenziali.
Altri gruppi armati, per esempio le milizie irachene note come Forze di mobilitazione popolare, hanno assunto una funzione complementare nelle operazioni militari contro minacce come i jihadisti dello Stato islamico. Invece in Siria, Yemen o Libia attori non statali sono stati creati, finanziati, addestrati e armati da potenze straniere (sia regionali – come Iran, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Israele – sia globali, come gli Stati Uniti).
In alcune zone gli attori non statali sono diventati così potenti da affiancare o rimpiazzare gli stati centrali
Centinaia di attori non statali in tutta la regione sono gruppi civili non armati ancorati alle due forze più potenti che esistevano prima dell’arrivo del moderno sistema statale: l’identità religiosa e quella tribale. Lo stato moderno spesso non è riuscito a controllarle o a cooptarle, e per lo più coesiste con loro.
Quando negli anni novanta i governi centrali hanno cominciato a contrarsi e a ignorare ampi segmenti di popolazione, gli attori statali tribali e religiosi hanno preso agevolmente piede. Alcuni di questi in Siria, Iraq, Libia e Yemen si sono anche politicizzati e hanno cercato di ottenere una quota di potere governativo.
Fattori determinanti
Il primo segno di malcontento dei cittadini arabi che si è tradotto in un rafforzamento degli attori non statali è stata la rapida espansione dei Fratelli musulmani e di altre organizzazioni islamiste simili a metà degli anni settanta.
A causarla contribuirono diversi fattori, tra cui: l’umiliazione della sconfitta araba da parte di Israele nel giugno del 1967; il fallimento del socialismo, del nazionalismo arabo, del baathismo e del capitalismo nel soddisfare in modo equo i bisogni dei cittadini; la corruzione dei governi determinata dall’incompetenza di regimi basati sulla forza militare o sulle dinastie familiari; e le pressioni dell’inflazione e dell’alto costo della vita che hanno ridotto in povertà centinaia di milioni di arabi.
A partire dagli anni ottanta, mentre perdevano progressivamente fiducia nella credibilità, e in alcuni casi nella legittimità, dello stato centrale, i cittadini si rivolgevano sempre più spesso ad attori non statali per i loro bisogni personali, comunitari e politici.
Gli attori non statali come i Fratelli musulmani si sono rafforzati e spesso hanno partecipato alla gestione del potere, per diversi motivi: si concentrano direttamente sui bisogni essenziali dei cittadini, sono radicati nelle comunità a cui rivolgono i propri servizi e parlano un linguaggio di giustizia sociale che trova terreno fertile tra i cittadini. Inoltre, in genere non sono corrotti da imponenti flussi di denaro, e mettono in primo piano uno sviluppo socioeconomico equo a livello interno e nella lotta alle aggressioni straniere.
(Traduzione di Francesco De Lellis)
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it