Tutti, almeno una volta, siamo stati invitati ad andare nella sua bocca. In qualità di inviati speciali in un territorio ignoto, di condannati o di boia di un innocente lupo.
Ci hanno mandato in quella bocca i professori prima degli esami, alla fine dell’anno scolastico o al momento del passaggio alla scuola media/superiore/della vita, come se fosse un aiuto magico, nascosto dietro a un vetro da rompere in caso di emergenza.
Ma lo hanno fatto anche fidanzate e fidanzati poco prima di diventare ex, come se fosse una forma leggermente maliziosa di trattamento di fine rapporto. Altri semplicemente per il gusto di prendere le distanze, con una certa aria di superiorità. E meno male che si trattava di un augurio di buona fortuna.
Indipendentemente delle origini del detto (un lupo inteso come bestia feroce oppure come una lupa materna e protettiva) e a prescindere dalla conseguente risposta (“grazie” alla lupa materna e “crepi” alla bestia feroce, in fondo non si sa mai), la realizzazione dell’augurio sembra spesso dipendere da uno spirito di leggerezza che la scaramanzia può facilmente trasformare in pesantezza.
Ma cosa si nasconde realmente dietro il gentile invito a infilarsi dentro la bocca di un lupo? Ce lo chiediamo anche noi stranieri, costretti ad auspicare la morte di un lupo sconosciuto prima di imparare qualsiasi altra parola.
Anche altrove la buona fortuna fa leva sulla scaramanzia (e viceversa): come nel tedesco
Hals-und Beinbruch (l’augurio di rompersi gambe e collo), o nella versione light dell’americano break a leg (rompersi solo una gamba) o nel profumato francese merde. Solo in italiano, però, il successo può essere una protezione oppure il colpo di fortuna che il lupo crepi prima che ci azzanni.
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