L’Ocse ha pubblicato i risultati del Programme for the international assessment of adult competencies (Piaac), un’indagine sulle competenze linguistiche e matematiche della popolazione adulta in ventiquattro paesi. I dati dell’Italia sono allarmanti. È in ventiquattresima posizione, quindi ultima, per quanto riguarda la lettura e la comprensione dei testi scritti. È ventitreesima, penultima dietro la sola Spagna, nei test di matematica.

L’elemento più sconfortante è che i punteggi bassi riguardano tutte le fasce d’età: non solo le generazioni più anziane, ma anche i più giovani. Per capire le ragioni basta guardare le analisi comparate sulla frequenza scolastica pubblicate dall’Ocse: tre quarti degli italiani tra i 55 e i 65 non hanno completato la scuola secondaria superiore, contro una media del 30 per cento negli altri paesi Ocse. La distanza dagli altri paesi avanzati nei tassi di scolarità è molto forte anche nella fascia tra i 25 e 34 anni: il 30 per cento non ha un diploma di scuola secondaria, contro meno del 10 per cento nella media Ocse.

Colmare questo divario nei livelli di scolarizzazione dovrebbe essere il compito di un governo lungimirante. L’Italia invece ha abbassato dal 10 all’8 per cento la spesa per l’istruzione durante questa interminabile crisi, partendo da livelli di spesa già inferiori a quelli di molti paesi. Spesso l’incompetenza fa vivere l’istruzione come una minaccia alle proprie posizioni di potere. Bisognerebbe punire con il voto i politici che, ignorando i problemi della scuola e della formazione, si disinteressano del nostro futuro.

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