Secondo i più recenti dati Eurostat, la disoccupazione media nell’Unione europea è del 10,9 per cento. In Italia è al 12,1 per cento. Un livello decisamente preoccupante, anche perché c’è un altro dato che evidenzia la peculiarità italiana: il tasso di inattività, cioè la percentuale di persone in età lavorativa (15-64 anni) che non lavorano e non cercano lavoro. La media europea di questo indicatore è del 26,4 per cento, mentre in Italia siamo al 36,6 per cento.
Ma chi sono queste persone che non lavorano e non cercano lavoro? Si tratta principalmente di quattro categorie. I giovani che, rispetto agli altri paesi, restano molto più a lungo studenti prima di cercare un lavoro. I pensionati con meno di 64 anni, che sono ancora molti in Italia a causa di tanti scellerati interventi che per molto tempo hanno facilitato e incoraggiato il pensionamento anticipato. Poi ci sono le donne, di tutte le età, che spesso decidono o sono costrette a non lavorare per motivi culturali, per curare i figli o assistere gli anziani. Infine ci sono i disoccupati di lunga durata, che hanno smesso di cercare lavoro perché pensano che non ci siano più opportunità per loro.
Il tasso di inattività, quindi, evidenzia le grandi anomalie italiane che, molto più della disoccupazione, marcano la nostra distanza dagli altri paesi dell’Unione europea. Sarebbe illusorio aspettarsi di risolvere queste anomalie in tempi rapidi. Ci sono proposte sensate di riforme del sistema scolastico e universitario e degli incentivi al lavoro femminile, ma manca un governo in grado di realizzarle.
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