La ricchezza finanziaria delle famiglie comprende 668 miliardi tra contanti e depositi a vista, 518 miliardi di altri depositi e 347 miliardi di obbligazioni bancarie. Nelle scelte di risparmio degli italiani le obbligazioni bancarie contano per quasi il doppio dei titoli di stato (166 miliardi) e più dei fondi comuni d’investimento (297 miliardi).

Tra i meccanismi per affrontare eventuali crisi l’unione bancaria dell’eurozona prevede una ristrutturazione del debito che graverà sia sui piccoli investitori sia sui grandi investitori. Eppure, come osserva Marco Onado su

lavoce.info, le banche continuano a emettere titoli che sono finanziariamente molto rischiosi. Questo fattore si aggiunge al livello di rischio legato ai singoli istituti di credito, che da oggi (con i nuovi criteri dell’unione bancaria) ha un rilievo molto diverso rispetto al passato.

Nel portafoglio degli italiani, inoltre, abbondano i titoli con rendimenti legati a variabili che non riflettono in alcun modo le esigenze di copertura di un risparmiatore medio. Perché allora la Consob non richiede alle banche e ai gestori patrimoniali, spesso dipendenti dalle stesse banche, almeno un po’ più di trasparenza e di chiarezza?

Se non lo farà, la lunga e accidentata strada verso l’unione bancaria finirà per aumentare il rischio sopportato inconsciamente dai risparmiatori. Questo fondamentale passaggio dovrebbe invece essere accompagnato da un adeguato rafforzamento dei meccanismi di tutela dell’investitore.

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