L’emolumento aggiuntivo alla retribuzione noto come Sip (speciale indennità pensionabile) ammonta a 273mila euro lordi all’anno. Si tratta di una somma percepita dal comandante generale dell’arma dei carabinieri, da quello della guardia di finanza, dal capo della polizia e dai capi di stato maggiore delle forze armate. La Sip è all’origine di un piccolo scandalo nascosto. Per comprenderlo bisogna tenere conto che i militari ricevono una promozione a pochi giorni dalla pensione.
Passano al grado superiore restando formalmente a disposizione per cinque anni per possibili richiami. In questo periodo percepiscono, oltre alla pensione, un’indennità calcolata in modo da restare agganciati alle retribuzioni di chi è ancora in servizio. Dal momento che l’indennità è considerata come se si fosse ancora in servizio, la Sip rientra nel calcolo della pensione del comandante generale, ma anche di quella dei vicecomandanti promossi prima della cessazione del servizio.
Se si considera che i vicecomandanti non possono restare in carica per più di un anno e che nel 2013 se ne sono avvicendati tre, si può comprendere l’entità dell’onere finanziario sostenuto. Per fortuna a dicembre la corte dei conti è intervenuta impedendo che questo meccanismo si perpetuasse.
Resta il fatto che l’applicazione delle norme lasciata all’interpretazione degli apparati produce spese ingiustificate, specie se si tratta di questioni che riguardano gli stipendi dei vertici della burocrazia, civile o militare. Ci vogliono regole che leghino le pensioni ai contributi versati.
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