L’estate dell’amore è cominciata (e finita) quarant’anni fa. È stata un fenomeno breve che ha avuto il suo epicentro a San Francisco, e in particolare all’incrocio tra Haight e Ashbury street. Nell’autunno del 1967 era già tutto finito, gli hippy non portavano più i fiori tra i capelli e molte cose erano cambiate.
Si può ancora tornare a San Francisco e seguire il percorso dell’estate dell’amore, o rivivere l’esperienza hippy dormendo al bed and breakfast Red Victorian di Sami Sunchild, proprio su Haight street. Ma esistono molti altri posti nel mondo dove quella breve fioritura estiva è durata più a lungo.
In Asia il “sentiero degli hippy”, la lunga strada che dall’Europa raggiunge Kathmandu, in Nepal, attraversando Turchia, Iran, Afghanistan, Pakistan e India, all’epoca ha aperto gli occhi a molti giovani viaggiatori, me compreso.
Sono partito da Londra nel luglio del 1972, ho fatto la sosta obbligatoria a piazza Dam (Amsterdam) e ho proseguito da Kathmandu fino all’Australia. Un anno dopo, da quel viaggio sarebbe nata la prima guida Lonely Planet. E da allora non ho più smesso di viaggiare.
Era un’epoca in cui si aprivano nuovi orizzonti, i Beatles erano andati in India, gli artisti (e i surfisti) riscoprivano Bali, i giovani viaggiatori seguivano il Gringo trail in Sudamerica o attraversavano il Marocco sul Marrakesh express.
Ma per i ragazzi del baby boom, quelli nati subito dopo la seconda guerra mondiale, il periodo a cavallo tra anni sessanta e settanta non ha segnato solo l’epoca dei viaggi di iniziazione e dell’allargamento degli orizzonti. In quegli stessi anni la tecnologia raggiungeva nuovi traguardi, per esempio con l’entrata in servizio del primo Jumbo 747. Tutto questo succedeva nello stesso periodo. E improvvisamente ci si è accorti che il mondo era diventato molto più grande.
Internazionale, numero 736, 21 marzo 2008
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