Nel sud del mondo, per esempio in Zimbabwe, la spinta alla scolarizzazione ha avuto talora una maturazione endogena, ma altrove deve spesso valersi di progetti elaborati nel nord, non sempre con l’attenzione del Ghana literacy project di Hannah Davis o dell’attività, puntuale e mirata, della francese Ligue de l’enseignement et solidarité laïque.

Nel sud non ci sono solo le guerre a rendere difficile la vita delle scuole, come ha ricordato il recente rapporto Education for all dell’Unesco. Un nemico più sottile è la distanza culturale tra chi progetta l’aiuto all’alfabetizzazione e la real­tà locale.

Norberto Bottani, nel suo sito, ha ripreso una notizia di Allafrica.com: in Burkina Faso una scuola elementare è stata chiusa perché, dopo il suicidio di un maestro e le dimissioni spaventate d’un altro, si è scoperto che era stata costruita su un sito sacro senza consultare gli anziani e senza le previe pratiche esorcistiche. Le faranno ora, al costo di 300 euro (un terzo circa del reddito pro capite del paese).

Bottani un po’ sorride, un po’ trae pretesto per decretare ancora una volta (è un’idea fissa) il fallimento dell’educazione per tutti. Ma bisogna avere pazienza. Sappiamo che i ragazzi del Bur­kina Faso (il 46 per cento della popolazione ha meno di 14 anni) grazie a internet stanno conquistando nuovi orizzonti e nuova coscienza dei loro diritti, com­presa l’istruzione, che manca ancora, come avveniva nell’Italia appena unita, al 72 per cento degli adulti. 

Internazionale, numero 890, 25 marzo 2011

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