Paolo Rumiz, Appia
Feltrinelli, 360 pagine, 19 euro

“L’abbiamo ricoperta di tangenziali, supermercati, campi da arare, cave, acciaierie, sbarrata con cancelli, camuffata con cento altri nomi, presa talvolta a picconate, peggio dell’Isis”. È con queste parole piene di rabbia e di amore insieme che il giornalista e scrittore triestino Paolo Rumiz presenta l’Appia, “madre di tutte le vie, regina viarum, dimenticata in secoli di dilapidazione, incuria e ignoranza”.

Con un piccolo gruppo di amici, camminatori un po’ pazzi come lui, Rumiz ha ripercorso a piedi, tra la fine di aprile e il giugno del 2015, più di seicento chilometri, da Roma a Brindisi. Ed è riuscito, facendo affidamento solo sui suoi piedi, a “ritrovare” l’Appia, il simbolo della sua “rivolta contro l’amnesia di una nazione”, per “restituirla al Paese”. Partendo da questo viaggio iniziatico Paolo Rumiz ha elaborato uno splendido poema itinerante, ricchissimo di tanti favolosi incontri e scoperte incantevoli, ma anche pieno di pensieri amari.

Pensieri su “Roma che governava il mondo, e oggi non governa neanche se stessa” o sul “cemento che ha ricoperto l’antico”. Questo piccolo zibaldone rumiziano, appassionato e appassionante, vuole scuotere l’indifferenza o l’ignoranza purtroppo di tantissimi italiani per un passato che tutti gli invidiano.

Questo articolo è stato pubblicato il 2 settembre 2016 a pagina 80 di Internazionale, nella rubrica Italieni. Compra questo numero | Abbonati

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