Il cadavere di Fátima è stato ritrovato il 15 febbraio in una discarica di Città del Messico. Fátima è stata torturata, stuprata e uccisa. Fátima aveva sette anni. La stessa età di Yuliana Samboní, la bambina indigena torturata, stuprata e ammazzata nel 2016 a Bogotá. Fátima e Yuliana avevano qualcos’altro in comune: erano due bambine povere.
La colombianizzazione del Messico. La messicanizzazione della Colombia. È lo stesso. L’ordine dei fattori non cambia il prodotto: “Stati del crimine”, li ha definiti lo scrittore Carlos Fuentes. Il potere politico, quello economico, quello imprenditoriale e quello criminale collaborano tra loro per massimizzare i profitti. “Qui c’è la mia testa tagliata, abbandonata come una noce di cocco sulle coste dell’oceano Pacifico”, si legge nel preludio di La volontà e la fortuna, il romanzo di Carlos Fuentes. Una testa tagliata a colpi di machete. Sarebbe potuto accadere in Colombia o in Messico. Sulla costa pacifica di Sinaloa o a Chocó. I narcotrafficanti, legati a filo doppio con la politica, sono riusciti a fare in modo che in Messico e in Colombia il crimine sia accettato socialmente e culturalmente. Il saccheggio delle finanze pubbliche, l’evasione fiscale e l’omicidio dei leader sociali sono ormai considerati una normalità.
Emilio Lozoya, presidente plenipotenziario di Petróleos Mexicanos (Pemex) ai tempi del presidente Enrique Peña Nieto, è stato arrestato in Spagna lo scorso 12 febbraio con l’accusa di corruzione e riciclaggio di capitali. In una proprietà dell’ambasciatore colombiano in Uruguay, Fernando Sanclemente Alzate, la polizia ha trovato un laboratorio per la raffinazione di stupefacenti. La vicenda di Aida Merlano, ex parlamentare colombiana del Partito conservatore arrestata per irregolarità e corruzione durante la sua elezione, ha svergognato i clan politici di Barranquilla. Ma la stampa resta in silenzio. Il carnevale va avanti.
Una battaglia impari
Con gli “stati del crimine” come Colombia e Messico non si può fare demagogia. La macrocriminalità importata all’interno dello stato è grave. È un potere reale che non si può combattere con i simbolismi. La macrocriminalità impone le sue regole nei territori che controlla. In Messico il governo di Andrés Manuel López Obrador non ha potuto fare niente per combatterla. È una battaglia impari. Il narcotraffico, il furto di combustibile e il traffico di armi dagli Stati Uniti sono affari molto più potenti delle politiche sociali di López Obrador. Il narcotraffico, l’estrazione mineraria illegale, il contrabbando di benzina, l’estorsione e la corruzione nell’amministrazione pubblica impongono le loro regole in buona parte del territorio colombiano. L’avidità, il rancore e lo sterminio sono le realtà del Messico e della Colombia. Queste realtà si antepongono al mondo ideale. Il cittadino che rispetta la legge e paga le tasse è sottoposto a umiliazioni, isolamento e morte.
Niente lascia pensare che la situazione possa migliorare, né in Colombia né in Messico. Il governo di López Obrador ottiene risultati simbolici ma non ha alcuna possibilità di arrivare alle viscere del mostro che ogni giorno si prende la vita di dieci donne messicane. Crimini maschilisti. In Colombia il mostro divora vite impunemente per la semplice ragione che non esiste un governo. Alla Colombia resta solo l’illusione. L’illusione che nel 2022 il paese possa finalmente avere un governo.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questo articolo è stato pubblicato dal settimanale colombiano Semana.
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