In un centro scientifico dell’Avana l’economista Juan Triana ha tenuto una conferenza sulla crisi del paese. Mentre spiegava lo stato delle finanze cubane, il pubblico tossiva per il nervosismo e rideva delle nostre assurdità finanziarie.

Alla fine è calato un silenzio sepolcrale. L’economista ha mostrato dei grafici che illustravano il calo della produzione, la dipendenza dai mercati stranieri e il bisogno di rendere efficiente l’industria nazionale. Ha parlato del disastro della raccolta dello zucchero, che nell’ultimo anno ha superato di poco il milione di tonnellate, in questo paese che un tempo era lo zuccherificio del mondo.

L’intervento è stato registrato da una telecamera e nel giro di poche settimane è stato diffuso attraverso le reti d’informazione alternativa. Le parole erano dure, lontane dai toni trionfalistici dei mezzi d’informazione ufficiali. L’economista ha analizzato le caratteristiche della crisi bancaria ed è arrivato a sostenere che, se il problema non si risolverà in breve tempo, il governo potrebbe portare “i carri armati in strada”.

La conferenza ha raggiunto migliaia di cubani che non hanno studiato economia e che non sanno cosa sia il deficit di bilancio. Ma tutti hanno ascoltato con attenzione, perché si parlava di cose che conoscono bene. Molti continuano a pensare ad alcune frasi dette dall’economista, una delle quali si riferiva alla possibilità che si “rompa il patto sociale” tra le autorità e i cittadini, una frattura che oggi tutti vogliamo evitare.

*Traduzione di Sara Bani.

Internazionale, numero 874, 26 novembre 2010*

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