A dieci giorni dalle legislative la campagna elettorale è al culmine. Le mura, i ponti e gli edifici più alti di Baghdad sono usati come palchi o come supporto per i manifesti dei candidati. La capitale è il principale campo di battaglia. Qui si affrontano 3.303 candidati, divisi in 56 coalizioni, che concorrono per i 71 seggi (su 325) attribuiti dagli elettori di questo distretto.
La religione non è entrata nella campagna. Rispetto alle legislative del 2010, sono rari i politici che si sono fatti ritrarre sui manifesti con l’ammamah, il copricapo tradizionale. Mentre su Facebook spopola il video di un candidato che promette ai suoi elettori di purificargli le anime e aprirgli le porte del paradiso, nelle strade hanno sfilato i comunisti sventolando bandiere rosse e distribuendo volantini.
“Molta propaganda, ma pochi programmi seri”, ha commentato l’analista politico Alaa Lami. Le grandi coalizioni si sono divise. Tutti cercano di attirare i candidati di altri gruppi religiosi con discorsi non settari. Nessuno, nemmeno il primo ministro Nuri al Maliki, ha i numeri necessari per formare il prossimo governo. Tutto dipenderà dalle manovre post-elettorali, dove saranno tutti contro tutti.
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