Nel 2002 il produttore Madlib e il rapper Mf Doom, morto nel 2020, cominciarono a lavorare al disco Madvillainy in un rifugio antiatomico riadattato a studio di Los Angeles. A un certo punto il furto di una cassetta che conteneva le registrazioni stava per compromettere la pubblicazione dell’album, ma al tempo stesso aveva fatto crescere l’attesa tra i fan. L’etichetta Stones Throw di recente ha ripubblicato quella versione con il titolo Madvillainy demos, mostrando le prime versioni dei brani e il processo evolutivo dell’album. A parte qualche modifica ai testi, la differenza principale tra le due versioni è la voce di Doom: in quella finale è più bassa e controllata, mentre nelle demo è più frenetica. Alcune tracce furono aggiunte dopo il furto, come Accordion e Rhinestone cowboy, e parlavano proprio di quella vicenda. Il disco ufficiale è più rifinito e nel complesso migliore, ma Demos enfatizza la spontaneità e il talento grezzo di Doom, mostrando il progetto come un’esecuzione istintiva. Nella versione di prova del brano Figaro – quello che nella versione ufficiale era Powerball 5 – Doom sembra sul punto di essere lasciato indietro dal beat. Ovviamente era un rapper troppo abile perché questo potesse succedere, l’effetto era voluto. Ma c’è una disperazione, una voracità, che rende Demos simile a una rapina improvvisata, un approccio che i due artisti statunitensi hanno sempre avuto.
Paul A. Thompson, Pitchfork


Le Horsegirl sono riuscite a creare musica in debito con il passato ma che non sembra una parodia. Questo non è il suono di tre dilettanti con una grande collezione di vinili, ma di artiste che suonano la loro musica preferita in modo sincero e convinto. Con Phonetics on and on, Nora Cheng, Penelope Lowenstein e Gigi Reece cancellano qualsiasi preconcetto su chi dovrebbero essere, confezionando un disco pieno di riff gioiosi, ritmi tirati e dolci melodie memorabili. Anche se questo secondo album è meno rumoroso del precedente, è altrettanto efficace. Violini inquieti e percussioni danno la spinta al singolo 2648, che fa pensare alle corde stridenti di John Cale e a gruppi come i Pastel o i Talulah Gosh. Comunque non è importante citare tutte le influenze, perché il trio di Chicago ha scritto forse l’unico disco indie-rock godibile degli ultimi anni. Prodotto con Cate Le Bon nello studio dei Wilco, proprio nella loro città natale, Phonetics on and on sa essere allo stesso tempo riflessivo e sognante, ampio e minimalista. Ed è il lavoro di tre musiciste molto più mature della loro età che sanno sperimentare senza alcun timore.
Marko Djurdjić, Exclaim
Come molti di noi, Alice Sara Ott pensava che il notturno fosse un’invenzione di Chopin. Ma il vero padre di questo genere di composizione per pianoforte è l’irlandese John Field (1782-1837). Ott si è imbattuta nella musica di Field per caso durante la pandemia di covid-19, è rimasta incuriosita e ci si è dedicata con attenzione. Il risultato è questo album, che raccoglie tutti i notturni di Field. La qualità del suono di Ott è incontaminata e dà la giusta presenza a ogni nota. Ma questa chiarezza non si traduce semplicemente in precisione: è anche in grado di catturare i più intricati cambiamenti di umore. Alcuni di questi notturni hanno un titolo, e Ott rende queste descrizioni molto concrete. Un ottimo esempio è il notturno Canzone della culla: il pianissimo evoca perfettamente l’immagine di una madre che canta dolcemente al suo bambino. Ci sono anche casi di scrittura più virtuosistica, come il Nocturne pastorale: la sua giocosità spensierata è resa da Ott con una nonchalance che lo fa quasi sembrare un’improvvisazione. Questo album è il modo perfetto per scoprire un compositore interessante.
Azusa Ueno, The Classic Review