Il presidente, al potere dal 1989, ha ottenuto il 94 per cento delle preferenze. L’opposizione ha boicottato il voto, che è stato definito non credibile dalla comunità internazionale
Un ragazzo è stato ucciso in scontri tra due gruppi di studenti all’università di Khartoum, in Sudan. Il ministero dell’interno ha riferito che nel campus sono scoppiati scontri tra i sostenitori del presidente Omar al Bashir e un gruppo di studenti proveniente dal Darfur, che contestavano la legittimità dell’elezione di Bashir, avvenuta il 27 aprile.
Omar al Bashir è stato riconfermato presidente del Sudan con il 94 per cento delle preferenze a fine aprile, ma i partiti dell’opposizione hanno boicottato il voto, accusando il presidente, al potere dal 1989, di avere reso impossibile l’alternanza al potere e una competizione elettorale leale. Alla vigilia delle elezioni, la comunità internazionale aveva definito il risultato delle elezioni non credibile. Bashir, 71 anni, è stato accusato dalla Corte penale internazionale di crimini contro l’umanità e genocidio per il conflitto nell’est del paese.
Omar al Bashir ha vinto le elezioni presidenziali in Sudan con il 94 per cento dei voti. Una vignetta del disegnatore sudanese Khalid Albaih: “Al Bashir ha vinto”. “Con chi giocava?”.
Omar Hassan al Bashir è stato riconfermato presidente del Sudan con il 94 per cento delle preferenze. Lo ha annunciato la commissione elettorale. Le votazioni si sono tenute a metà aprile e sono durate quattro giorni. I partiti dell’opposizione hanno boicottato il voto, accusando il presidente, al potere dal 1989, di avere creato un clima ostile all’opposizione e di avere reso impossibile l’alternanza al potere e una competizione elettorale leale.
Alla vigilia delle elezioni, la comunità internazionale aveva definito il risultato delle elezioni non credibile. Bashir, 71 anni, è stato accusato dalla Corte penale internazionale per i crimini contro l’umanità e genocidio commessi nell’est del paese. Reuters
La commissione elettorale indipendente ha deciso di prolungare di un giorno l’apertura dei seggi in Sudan, per la scarsa partecipazione al voto da parte della popolazione. Circa tredici milioni di elettori sono chiamati a scegliere il nuovo presidente e a rinnovare il parlamento. L’affluenza registrata ieri è stata del 10-15 per cento, secondo alcune fonti.
L’opposizione ha lanciato una campagna per il boicottaggio delle elezioni, accusando il presidente Omar al Bashir di aver creato un ambiente ostile e reso impossibile l’alternanza al potere. I risultati definitivi sono attesi per fine aprile, ma è probabile che Bashir, accusato dalla Corte penale internazionale per i crimini contro l’umanità e genocidio commessi nell’est del paese, sarà confermato presidente. Afp
Si sono aperte questa mattina le urne in Sudan, dove tredici milioni di elettori sono chiamati a rinnovare il parlamento e a scegliere il nuovo presidente. I seggi rimangono aperti per tre giorni, fino al 15 aprile e i risultati ufficiali saranno annunciati il 27 aprile. Si tratta delle prime elezioni amministrative da quando nel 2011, con un referendum, gli abitanti del Sud Sudan hanno votato per la loro indipendenza. Con la scissione Khartoum ha perso un terzo del suo territorio e la maggior parte della sua produzione di petrolio.
I partiti di opposizione hanno deciso di boicottare il voto, accusando il presidente Omar Hassan al Bashir, al potere dal 1989, di aver creato un clima ostile all’opposizione e aver di fatto reso impossibile una competizione elettorale leale.
L’Unione europea non ha inviato nessuna missione di monitoraggio nel voto. Secondo l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri Federica Mogherini “queste elezioni non potranno produrre un risultato credibile, con legittimità in tutto il paese”.
La campagna elettorale di Al Bashir si è concentrata sul miglioramento dell’economia, in un paese in cui il 46 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Il presidente in carica ha promesso di mantenere la stabilità politica e sociale, mettendo in guardia contro eventuali cambiamenti nel governo in un periodo in cui “l’intera regione, dalla Libia allo Yemen, è immersa nella violenza”.
Rimangono escluse dal voto lo stato del Sud Kordofan e le regioni centrali del Darfur, dove sono in corso gli scontri tra le forze governative e le milizie ribelli.
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