La Croce rossa ha diffuso alcune immagini che mostrano Ramadi, in Iraq, ridotta in macerie. La città, occupata dal gruppo Stato islamico nel maggio del 2015, lo scorso dicembre è stata liberata dall’esercito iracheno con l’aiuto dell’aviazione statunitense. Il video dell’Afp. Leggi
Il 28 dicembre Ramadi, in Iraq, è stata liberata dall’occupazione del gruppo Stato islamico. La città però non è ancora sicura: i miliziani hanno posizionato migliaia di mine e altri ordigni esplosivi per le strade e negli edifici. Il video dell’Afp. Leggi
Il 28 dicembre l’esercito iracheno ha annunciato la liberazione di Ramadi dai miliziani del gruppo Stato islamico. Il primo ministro Haider al Abadi ha visitato la città dopo la riconquista. Il video dell’Afp. Leggi
I jihadisti del gruppo Stato islamico hanno sbarrato la diga di Ramadi, la città conquistata il 17 maggio scorso nella provincia irachena di Al Anbar, interrompendo così la fornitura idrica a diverse città controllate dal governo di Baghdad. Secondo quanto riferito dal presidente del consiglio provinciale Sabah Karhout, la chiusura della diga ha causato un abbassamento del livello del fiume Eufrate e il taglio delle forniture nelle zone di Khaldiyah e Habbaniyah, a est di Ramadi, ancora sotto il controllo governativo.
Karhout ha sostenuto che i jihadisti si stanno preparando a nuovi attacchi, favoriti dal basso livello delle acque che consente loro di attraversare il fiume da riva a riva. Anche l’ex capo del dipartimento iracheno per le risorse idriche, Aoun Dhiyab ha sottolineato che l’obiettivo dei jihadisti “non è tagliare l’acqua, ma ridurre il livello del fiume, per sfruttarlo a fini militari”.
Decine di persone, militari e civili, sono morte in una serie di scontri e attentati nella provincia irachena di Al Anbar, dove nelle ultime settimane si sono intensificati i combattimenti tra l’esercito e i miliziani del gruppo Stato islamico. Almeno 45 agenti delle forze di sicurezza irachene sono stati uccisi in un attacco suicida, realizzato dal gruppo in una base militare nell’area di Tharthar, sulla strada che collega le città di Falluja e di Samarra. L’attentato è stato compiuto usando tre veicoli carichi di esplosivo e un mezzo multifunzionale su ruote humvee.
Il giorno prima dell’attacco, il capo del governo iracheno Haider al Abbadi aveva ammesso la perdita di circa 2.300 mezzi humvee: il gruppo Stato islamico se ne sarebbe impadronito dopo aver conquistato la città settentrionale di Mosul nel giugno 2014. I veicoli sarebbero utilizzati come autobombe per attaccare l’esercito regolare. Nella stessa giornata, in un’imboscata dei jihadisti nella località di Seddiqiya sono morte 33 persone, tra soldati iracheni e combattenti di una milizia alleata. Un attacco aereo inoltre ha centrato una moschea e un mercato molto frequentato a Falluja, uccidendo dodici civili e ferendone diciotto.
Il governo ha riferito di aver realizzato una serie di raid aerei contro la formazione jihadista nello scorso fine settimana, documentati da un video diffuso domenica 31 maggio. I jet da combattimento iracheni avrebbero colpito alcuni miliziani e distrutto infrastrutture ed equipaggiamenti nelle regioni di Al Anbar e Salahuddin.
Sono continuati anche i bombardamenti degli Stati Uniti e dei loro alleati: gli attacchi hanno interessato le città irachene di Ramadi, Al Baghdadi, Baiji, Falluja, Makhmur, Mosul, Sinjar e Tal Afar e le località siriane di Kobane e Al Hasakah.
Il mese scorso l’esecutivo di Baghdad ha annunciato l’inizio di un’operazione militare per conquistare le aree del paese cadute nelle mani dello Stato islamico. Con il sostegno delle milizie sciite, le truppe irachene hanno ripreso il controllo di diverse zone nelle province di Diyala e Salahuddin, a nord della capitale. Ma l’offensiva ha subito una battuta d’arresto a metà maggio, quando gli uomini del califfato hanno marciato su Ramadi, occupandola e mettendo in fuga l’esercito regolare.
Migliaia di iracheni fuggiti da Ramadi, la città caduta sotto il controllo del gruppo Stato islamico, hanno ricevuto l’autorizzazione a entrare nella capitale Baghdad. Il governo ha deciso di riaprire il ponte di Bzebiz, sul fiume Eufrate, dove nei giorni scorsi si erano assiepate migliaia di persone in fuga dalle violenze e dai combattimenti tra esercito e jihadisti nella provincia di Al Anbar. Potranno però entrare a Baghdad solo le famiglie che possono dimostrare di avere qualcuno che garantisca loro ospitalità.
Dal 22 maggio le autorità di Baghdad avevano impedito l’ingresso degli sfollati nella provincia di Baghdad perché temevano che i jihadisti avrebbero potuto mescolarsi nella folla e infiltrarsi nella capitale. Molti di loro hanno atteso l’autorizzazione a muoversi dormendo all’aperto, in una zona semidesertica, senza cibo, acqua né ripari adeguati, e secondo le autorità cinque persone sono morte di stenti. Ci sono stati resoconti di litigi scoppiati tra gli sfollati e le forze di sicurezza irachene. Secondo le Nazioni Unite, 55mila persone sono fuggite da Ramadi, da quando è stata conquistata dal gruppo Stato islamico a metà maggio.
I jihadisti stanno proseguendo la loro offensiva a est di Ramadi lungo la valle dell’Eufrate verso Habbaniya, dove sono schierate le milizie sciite. La conquista di Habbaniya consentirebbe ai jihadisti di creare un collegamento con Falluja, una città che si trova circa 70 chilometri a ovest di Baghdad, sotto il controllo dello Stato islamico da più di un anno, nonostante diversi tentativi di riconquista delle forze governative. Oggi, 26 maggio, l’esercito e le milizie sciite della coalizione Mobilitazione popolare hanno lanciato un’offensiva per riconquistare la provincia di Al Anbar.
Le forze irachene, sostenute da milizie sciite e tribù sunnite, hanno lanciato un attacco contro i jihadisti del gruppo Stato islamico a Husyabah, a est di Ramadi, il capoluogo della provincia occidentale di Anbar finita sotto il controllo dei miliziani la settimana scorsa. Secondo quanto riferito da un colonnello della polizia, “sono iniziare le operazioni militari per liberare Husaybah, sette chilometri a est di Ramadi”.
“La questione più importante non è liberare Ramadi e la sua provincia dal gruppo Stato islamico. L’essenziale è difendere Baghdad”. Un ufficiale di alto rango dell’esercito iracheno mi spiega in questi termini i preparativi per l’imminente battaglia tra i jihadisti, da una parte, e l’esercito iracheno e le milizie sciite dall’altra. Leggi
Le Nazioni Unite hanno stimato che almeno 25mila persone stanno scappando da Ramadi, in Iraq, dopo che la città è stata conquistata dal gruppo Stato islamico. La maggior parte dei profughi si sta dirigendo verso Baghdad, la capitale, che si trova a soli cento chilometri da Ramadi. Secondo alcune stime, i profughi interni sono più di due milioni dal gennaio del 2014. Leggi
Le Nazioni Unite hanno stimato che almeno 25mila persone stanno scappando da Ramadi, in Iraq, dopo che la città è stata conquistata dal gruppo Stato islamico. La maggior parte dei profughi si sta dirigendo verso Baghdad, la capitale, che si trova a soli cento chilometri da Ramadi.
Intanto almeno tremila miliziani sciiti che fanno parte della coalizione Mobilitazione popolare si stanno schierando a est di Ramadi, nella provincia di Al Anbar, per lanciare un’offensiva contro i jihadisti. Per lo Stato islamico, la presa di Ramadi rappresenta la più importante vittoria militare in Iraq, dopo la conquista di Mosul, nel nord del paese, avvenuta l’estate scorsa.
La decisione di affidare alle milizie sciite, in alcuni casi controllate direttamente dall’Iran, l’operazione militare di terra a Ramadi è stata contestata da molti, perché la provincia di Al Anbar è a maggioranza sunnita e si teme un inasprimento delle violenze settarie tra sciiti e sunniti. Il governo locale di Al Anbar ha chiesto a Baghdad di armare i gruppi sunniti locali, invece di schierare le milizie sciite. Tuttavia il tentativo, appoggiato da Washington, di addestrare e armare i volontari sunniti nella provincia di Al Anbar nei mesi scorsi ha portato a scarsi successi militari. Per questo anche gli Stati Uniti hanno approvato la decisione di affidare alle milizie sciite l’operazione militare di terra contro lo Stato islamico.
Le milizie sciite si stanno radunando a est di Ramadi, in vista di una controffensiva per cacciare i jihadisti dello Stato islamico, che domenica 17 maggio hanno preso il controllo della città irachena. Ad Habbaniya, a circa venti chilometri di distanza da Ramadi, sono arrivati già almeno tremila combattenti e ora sono in attesa di ordini, secondo il capo del consiglio provinciale della provincia di Al Anbar.
La decisione di schierare le milizie sciite è stata presa dal consiglio domenica, dopo che lo Stato islamico si era impossessato del quartier generale delle forze di sicurezza della città, mettendo in fuga polizia, soldati e combattenti tribali. Nel frattempo la coalizione guidata dagli Stati Uniti ha aumentato gli attacchi contro le postazioni dei jihadisti, compiendo 19 raid aerei vicino Ramadi nelle ultime 72 ore. Secondo le Nazioni Unite, circa 25mila persone sono fuggiti da Ramadi da quando i jihadisti hanno lanciato la loro offensiva il 14 maggio.
Il coinvolgimento delle milizie sciite, tuttavia, solleva qualche dubbio. Secondo Tarik al Abdullah, segretario generale del consiglio di Al Anbar, i miliziani “non sono molto benvisti” e la loro presenza potrebbe infastidire le tribù sunnite. In seguito alla riconquista della città di Tikrit alla fine di marzo, le milizie sciite, che avevano dato un grande contributo alla cacciata dello Stato islamico, sono state accusate di violenze e saccheggi.
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