Il 3 ottobre si è aperto il voto anticipato in Australia per un referendum che prevede, per la prima volta, il riconoscimento dei popoli indigeni nella costituzione del 1901.
La proposta, che darebbe ai popoli australiani delle “prime nazioni” il diritto di essere consultati sulle questioni che li riguardano direttamente, non sembra però avere il sostegno della maggioranza della popolazione, dopo il recente calo del “sì” nei sondaggi.
“Stiamo lottando per evitare l’inserimento di ulteriori complicazioni burocratiche nella nostra costituzione”, ha dichiarato Dee Duchesne, 60 anni, sostenitrice della campagna per il “no”, mentre a Sydney s’inauguravano le votazioni anticipate.
Le persone che non possono votare il 14 ottobre, il giorno ufficiale del referendum, possono votare in anticipo.
I seggi elettorali sono stati aperti il 3 ottobre nel New South Wales, nel Queensland, in Australia Meridionale e nel Territorio della Capitale Australiana. Nel resto del paese erano stati aperti il giorno prima.
“Valorizzare gli indigeni”
Fuori da un seggio elettorale nel centro di Sydney, gli attivisti di entrambe le parti distribuivano opuscoli.
Un sostenitore del referendum ha scritto “sì” con il gesso sul marciapiede.
“È giusto riconoscere i primi australiani, ed è così che vogliono essere riconosciuti”, ha detto Karen Wyatt, 59 anni.
Trevor Veenson, un infermiere di 36 anni, ha dichiarato all’Afp che avrebbe votato “no”.
“È un referendum divisivo, che sta causando più problemi del necessario”, ha affermato. “Perché cambiare qualcosa che non è rotto?”.
La bibliotecaria Yasmin Tadich, 50 anni, sperava “in un’ondata a favore del sì”.
“È arrivato il momento di riconoscere la cultura vivente più antica del mondo”, ha detto. “Dobbiamo abbracciare e valorizzare gli indigeni delle prime nazioni”.
A più di due secoli dall’arrivo dei bianchi in Australia, gli indigeni hanno ancora molte più probabilità di morire giovani, di vivere in povertà e di finire in prigione.
I sostenitori dell’emendamento costituzionale sostengono che ascoltare gli aborigeni e gli abitanti delle isole dello stretto di Torres aiuterebbe a elaborare politiche più efficaci.
Gli oppositori affermano che il piano è tropp0 vago, crea una burocrazia inutile, apre fratture razziali, conferisce privilegi speciali alle popolazioni indigene e non fa molto per migliorare la loro condizione.
Secondo gli ultimi sondaggi, il “no” è in testa con quasi il 60 per cento delle intenzioni di voto.