Il 21 febbraio il Regno Unito ha sanzionato sei funzionari della prigione del circondario autonomo Jamalo-Nenets, nell’Artico russo, in cui il 16 febbraio è morto l’oppositore Aleksej Navalnyj. Londra ha anche chiesto che il suo corpo sia restituito alla famiglia e che sia condotta un’inchiesta trasparente.
Il direttore Vadim Kalinin e altri cinque funzionari non potranno entrare nel Regno Unito e si vedranno congelare eventuali beni detenuti nel paese, ha affermato in un comunicato il ministero degli esteri.
“I responsabili del brutale trattamento inflitto a Navalnyj non devono farsi illusioni: saranno chiamati a risponderne”, ha dichiarato il ministro degli esteri David Cameron.
“Le autorità russe consideravano Navalnyj una minaccia e hanno cercato più volte di metterlo a tacere”, ha aggiunto. “Nessuno dovrebbe avere dubbi sulla natura oppressiva del regime russo”.
Cameron ha fatto sapere che approfitterà di una riunione dei ministri degli esteri del G20 in Brasile per rimproverare al suo collega russo Sergej Lavrov “l’aggressione all’Ucraina”.
Quattordici giorni
Il Regno Unito, che già il 16 febbraio aveva convocato un alto diplomatico russo, ha chiesto che il corpo di Navalnyj sia “restituito immediatamente alla famiglia” e che sia condotta “un’inchiesta approfondita e trasparente sulla sua morte”.
Secondo i Servizi carcerari russi (Fsin), Navalnyj, che stava scontando una condanna a 19 anni di prigione per “estremismo”, è morto a causa di un “malore improvviso dopo una passeggiata”.
Il 19 febbraio il team dell’oppositore ha contestato la decisione delle autorità di non restituire il corpo per almeno quattordici giorni.
Dopo essere sopravvissuto a un tentativo di avvelenamento nell’agosto 2020 ed essere stato curato in Germania, Navalnyj, diventato popolare grazie alle sue inchieste sulla corruzione del potere russo, aveva deciso di tornare in Russia nel gennaio 2021.
Era stato immediatamente arrestato e poi condannato a pesanti pene detentive, da scontare in condizioni sempre più difficili.