L’ex presidente brasiliano di estrema destra Jair Bolsonaro è rimasto in silenzio il 22 febbraio davanti alla polizia di Brasília, che l’aveva convocato per interrogarlo sul suo presunto coinvolgimento in un “tentativo di colpo di stato”, culminato nella rivolta di Brasília dell’8 gennaio 2023.
Secondo gli inquirenti, l’obiettivo di Bolsonaro, che ha guidato il paese dal 1 gennaio 2019 al 1 gennaio 2023, era restare al potere nonostante la sconfitta nelle elezioni presidenziali dell’ottobre 2022.
L’ex presidente, che nel 2023 è stato dichiarato ineleggibile per otto anni per aver diffuso false informazioni sul sistema di voto elettronico, ha invitato i suoi sostenitori a partecipare a una manifestazione di protesta il 25 febbraio a São Paulo.
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“Se è rimasto in silenzio è solo perché non abbiamo avuto accesso ad alcuni documenti del fascicolo”, ha dichiarato l’avvocato Paulo Cunha ai giornalisti in attesa davanti alla sede della polizia federale.
Secondo alcuni mezzi d’informazione locali, circa venti politici e funzionari legati a Bolsonaro, tra cui alcuni ex ministri, sono stati convocati dagli inquirenti in varie città del paese.
L’ex presidente sostiene di essere vittima di una persecuzione orchestrata dall’attuale capo dello stato di sinistra Luiz Inácio Lula da Silva.
“La verità è che non c’è stato alcun tentativo di golpe”, ha affermato il 21 febbraio Bolsonaro in un’intervista alla radio Cbn Recife.
L’8 febbraio la polizia federale aveva condotto una vasta operazione, con trentatré perquisizioni e quattro mandati d’arresto, nell’ambito di un’inchiesta su “un’organizzazione criminale che ha portato a un tentativo di colpo di stato per permettere a Bolsonaro di restare al potere”.
In quell’occasione Bolsonaro aveva dovuto consegnare il passaporto alle autorità.
Quattro generali, tra cui l’ex ministro della difesa Walter Braga Netto, sono accusati di essere coinvolti nel tentativo di colpo di stato. Avrebbero contribuito a diffondere “false informazioni di brogli prima e dopo le elezioni presidenziali del 2022 per legittimare un intervento militare”.
Secondo la polizia, alla fine del 2022 Bolsonaro aveva modificato personalmente un progetto di decreto che prevedeva nuove elezioni e l’arresto del giudice della corte suprema Alexandre de Moraes, che aveva avviato alcune inchieste contro di lui.
Una settimana dopo l’insediamento di Lula, l’8 gennaio 2023, migliaia di sostenitori di Bolsonaro avevano messo a soqquadro gli edifici governativi della capitale Brasília, in una rivolta che è stata paragonata all’assalto al congresso del 6 gennaio 2021 negli Stati Uniti.