Il governo ciadiano ha annunciato che la sera del 27 febbraio “molte persone” sono rimaste uccise nella capitale N’Djamena in un attacco contro la sede dell’Agenzia nazionale per la sicurezza dello stato, il potente servizio d’intelligence interno. Le autorità hanno attribuito la responsabilità a “elementi” del Partito socialista senza frontiere (Psf), guidato dall’oppositore Yaya Dillo.
“Ora la situazione è del tutto sotto controllo”, ha affermato il governo in un comunicato del 28 febbraio, aggiungendo che “alcuni autori dell’attacco sono stati arrestati e altri sono ricercati”.
In base al comunicato, l’attacco è avvenuto dopo l’arresto di un esponente del Psf accusato di “aver cercato di assassinare il presidente della corte suprema”.
Feroce oppositore di Mahamat Idriss Déby Itno, presidente del consiglio militare di transizione del Ciad, di cui è cugino, Dillo ha definito una “messa in scena” le accuse riguardo a un piano per uccidere il magistrato.
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Il giorno prima dell’attacco il governo aveva annunciato che il primo turno delle elezioni presidenziali si svolgerà il 6 maggio. Sia Déby sia Dillo hanno detto di volersi candidare.
Nel comunicato del 28 febbraio il governo ha affermato che “chiunque cercasse di turbare il processo democratico sarà arrestato e perseguito”.
Déby, 37 anni, era stato proclamato dall’esercito presidente della transizione il 20 aprile 2021, a capo di una giunta militare composta da quindici generali, dopo che il padre Idriss Déby Itno, presidente dal 1990, era stato ucciso dai ribelli al fronte.
Poco dopo Déby aveva promesso di restituire il potere ai civili entro diciotto mesi, una scadenza che poi è stata posticipata di quasi due anni.
L’opposizione teme il perpetuarsi di una “dinastia Déby” nel paese africano, che secondo le Nazioni Unite è il secondo meno sviluppato al mondo.