La guerra tra Israele e Hamas è entrata nel suo duecentesimo giorno e non ci sono segnali di una tregua imminente, nonostante gli appelli per il rilascio degli ostaggi, in un momento in cui si intensificano i timori di un’offensiva israeliana sulla città di Rafah.
Nelle ultime ventiquattr’ore, i bombardamenti israeliani hanno causato la morte di 32 palestinesi, secondo il ministero della salute di Hamas, portando il bilancio totale a 34.183 morti, la maggior parte dei quali civili, secondo la stessa fonte.
Secondo un corrispondente dell’Afp, il 22 aprile l’esercito israeliano ha intensificato i combattimenti con l’artiglieria. Gli attacchi aerei hanno preso di mira il centro di Gaza, vicino al campo profughi di Al Bureij, mentre l’artiglieria ha colpito il campo di Nuseirat.
L’esercito ha dichiarato di aver colpito diverse postazioni del movimento islamista palestinese Hamas nel sud del territorio assediato. Durante la notte, i suoi aerei hanno preso di mira “circa 25 obiettivi”, tra cui postazioni di osservazione militare.
La guerra tra Israele e Hamas è stata innescata da un attacco sanguinoso e senza precedenti da parte di Hamas sul suolo israeliano il 7 ottobre, che ha causato la morte di 1.170 persone, soprattutto civili, secondo un rapporto dell’Afp basato su dati ufficiali israeliani.
Più di 250 persone sono state rapite e 129 rimangono prigioniere a Gaza, 34 delle quali sono morte secondo i funzionari israeliani. Circa cento persone sono state rilasciate a seguito di una tregua alla fine di novembre.
Assumendosi la “responsabilità” per la mancata prevenzione dell’attacco del 7 ottobre, il capo dell’intelligence militare israeliana, il generale Aharon Haliva, ha annunciato le sue dimissioni il 22 aprile.
Il 23 aprile la ministra degli esteri tedesca, Annalena Baerbock, ha chiesto la liberazione degli ostaggi in un messaggio pubblicato sul social network X. “Per duecento giorni il mondo si è fermato per le loro famiglie”, ha scritto. “Finché gli ostaggi non saranno liberati, non li lasceremo andare. Solo quando saranno tornati a casa la pace avrà una possibilità”. Il 22 aprile il tradizionale pasto del Seder, che segna l’inizio della Pasqua ebraica, è stato funestato dall’assenza degli ostaggi. Le famiglie avevano chiesto di lasciare una sedia vuota a tavola, per simboleggiare la speranza del ritorno dei prigionieri.
Il 22 aprile i manifestanti hanno allestito un enorme tavolo con sedie e piatti vuoti davanti alla casa del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, a nord di Tel Aviv. Hanno anche dato fuoco a un altro tavolo.
Netanyahu, che sta affrontando crescenti pressioni sugli ostaggi, ha dichiarato che la sua “determinazione” a vederli tutti riuniti con le loro famiglie rimane “incrollabile”.
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Sul campo la guerra continua senza sosta. Il 22 aprile è stato un altro giorno di orrore con la scoperta di circa duecento corpi nelle fosse comuni all’interno dell’ospedale Nasser di Khan Yunis. Come altri complessi ospedalieri di Gaza, anche questo era stato precedentemente oggetto d’incursioni da parte dell’esercito israeliano.
Un portavoce della Difesa civile di Gaza ha dichiarato all’Afp che molti dei corpi trovati erano in decomposizione, rendendo ancora più complesso il processo di identificazione delle vittime. Contattato dall’Afp, l’esercito israeliano non ha risposto.
Oltre alle distruzioni e al tributo di vite umane, i 2,4 milioni di abitanti di questo territorio, dove Hamas ha preso il potere nel 2007, sono minacciati dalla carestia secondo le Nazioni Unite, che sollecitano l’arrivo di maggiori aiuti umanitari.
Ma Netanyahu si è impegnato a continuare la sua offensiva su Rafah, la città al confine con l’Egitto dove si sono rifugiati più di un milione e mezzo di persone, soprattutto sfollati. Questa città è l’ultima grande roccaforte di Hamas, ribadisce da settimane.
Secondo funzionari egiziani citati dal Wall Street Journal, Israele si sta preparando a spostare i civili da Rafah a Khan Yunis, dove intende allestire dei centri per la distribuzione di cibo e strutture mediche.
L’operazione di evacuazione durerà dalle due alle tre settimane e sarà condotta in coordinamento con gli Stati Uniti, l’Egitto e altri paesi arabi come gli Emirati Arabi Uniti, secondo i funzionari egiziani. Israele prevede di inviare gradualmente truppe a Rafah, hanno aggiunto.
Il summit del G7, compreso l’alleato statunitense, ha già condannato l’operazione, temendo un bagno di sangue.