Il 2 maggio il ministro degli esteri filocinese Jeremiah Manele è stato eletto in parlamento capo del governo delle isole Salomone. Ha sconfitto Matthew Wale, che puntava a ridurre l’influenza di Pechino.
Le elezioni legislative si erano svolte il 17 aprile.
Manele, diplomatico di carriera, ha ottenuto trentuno voti su cinquanta, ha annunciato il governatore generale David Vunagi (il rappresentante della monarchia britannica).
Wale, leader dell’opposizione, ha invece ottenuto diciotto voti.
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“Il popolo ha parlato chiaro”, ha affermato Manele, esprimendo soddisfazione per l’assenza di violenze.
Nel 2000 il primo ministro Bart Ulufa’alu era stato costretto a dimettersi dopo essere stato rapito da alcuni uomini armati. Nel 2006 una missione di pace internazionale era stata inviata nell’arcipelago per sedare le violenze post-elettorali.
Secondo i principali analisti politici, nei prossimi anni Manele rafforzerà i legami con la Cina.
Le isole Salomone hanno rotto le relazioni diplomatiche con Taiwan per allacciarle con Pechino nel 2019, sotto la guida del premier uscente Manasseh Sogavare. All’epoca Manele era già ministro degli esteri.
Il riavvicinamento con la Cina aveva causato un’ondata di violenze nel quartiere cinese della capitale Honiara.
Nel 2022 il governo aveva poi firmato un accordo di sicurezza con Pechino, che aveva consolidato l’influenza cinese nell’arcipelago, che fa parte del Commonwealth.
Anche se i dettagli dell’accordo non sono stati resi noti, Washington e Canberra temono la costruzione di una base militare cinese.
La Cina ha già finanziato vari progetti alle isole Salomone, tra cui la costruzione di uno stadio di atletica da diecimila posti e un grande centro medico.
L’arcipelago, che ha circa 720mila abitanti, ha uno degli indici di sviluppo umano più bassi al mondo, secondo le Nazioni Unite.