Una manifestazione per chiedere la liberazione del leader curdo Selahattin Demirtaş, Istanbul, 3 febbraio 2019. (Yasin Akgul, Afp)

Il 16 maggio il carismatico leader curdo Selahattin Demirtaş, detenuto da otto anni, è stato condannato a 42 anni di prigione per “attentato all’unità dello stato” nell’ambito di un procedimento giudiziario che ha già portato a una condanna di Ankara da parte della Corte europea dei diritti umani (Cedu).

Terza forza del parlamento turco, il Partito democratico dei popoli (Hdp, oggi Dem) è oggetto di una repressione implacabile dal 2016, l’anno dell’arresto di Demirtaş.

Demirtaş, 51 anni, ex copresidente dell’Hdp, è stato incriminato per 47 capi d’accusa, tra cui attentato all’unità dello stato e incitamento a commettere un crimine, in relazione a un’ondata di violenza in Turchia nel 2014.

L’altra ex copresidente dell’Hdp, Figen Yüksekdağ, è stata condannata a trent’anni e tre mesi di prigione.

La procura aveva chiesto l’ergastolo per 36 dei 108 imputati del maxiprocesso, tra cui Demirtaş.

Temendo disordini, i governatori di almeno quattordici province del sud e del sudest del paese, dove vive una grande comunità curda, hanno vietato le manifestazioni per quattro giorni, secondo l’ong Mlsa.

All’annuncio della sentenza, alcuni deputati del Dem hanno esposto i ritratti dei due leader in parlamento.

“Oggi abbiamo assistito a una parodia della giustizia”, ha affermato il Dem in un comunicato.

Gli avvocati della difesa hanno annunciato ricorso in appello.

“Il ricorso a procedimenti penali fasulli per incarcerare politici curdi democraticamente eletti non aiuterà a mettere fine al decennale conflitto tra lo stato turco e la comunità curda”, ha dichiarato Hugh Williamson, direttore di Human Rights Watch per l’Europa e l’Asia centrale.

Le manifestazioni dell’ottobre 2014, in cui morirono 37 persone, erano state organizzate dall’Hdp per protestare contro il rifiuto del governo d’intervenire per evitare che la città curda siriana Kobane cadesse nelle mani dei jihadisti del gruppo Stato islamico.

Dopo che nel 2018 Demirtaş era stato condannato a quattro anni e otto mesi di prigione per “propaganda terroristica”, la Cedu aveva ordinato ad Ankara di scarcerarlo, denunciando una detenzione finalizzata a “reprimere il dissenso”.

Ankara accusa il Dem di avere legami con il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), considerato un gruppo terroristico.