Il 24 maggio è cominciato a Budapest, in Ungheria, il processo a Ilaria Salis, un’italiana accusata di aver aggredito dei neonazisti, un caso che ha suscitato accesi dibattiti in Italia.
Il giorno prima Salis, 39 anni, era stata scarcerata dopo aver ottenuto gli arresti domiciliari.
Accompagnata dal padre, ha fatto il suo ingresso nell’aula del tribunale, piena di giornalisti italiani.
Nel corso della giornata saranno ascoltati una vittima e due testimoni. La prossima udienza è prevista a settembre.
Salis, un’insegnante di Monza, ha trascorso più di un anno in detenzione in condizioni molto dure dopo essere stata accusata di “aggressione che ha messo in pericolo la vita di altre persone” e di “appartenenza a un’organizzazione criminale”.
La procura ha chiesto una condanna a undici anni di prigione, con il chiaro sostegno del governo, che sostiene di voler “difendere gli ungheresi dalle violenze dell’estrema sinistra europea”.
All’inizio dell’anno le immagini dell’attivista condotta in tribunale in catene avevano suscitato un’ondata d’indignazione in Italia.
La presidente del consiglio Giorgia Meloni, che guida il partito d’estrema destra Fratelli d’Italia, aveva telefonato al suo collega Viktor Orbán per chiedere spiegazioni.
Arrestata nel febbraio 2023 in occasione di una manifestazione contro un raduno neonazista, Salis è accusata di aver partecipato a ripetuti atti di violenza.
Ad aprile è stata scelta come capolista alle elezioni europee da una piccola formazione italiana, Alleanza verdi e sinistra (Avs).
In caso di elezione Salis otterrebbe l’immunità parlamentare.
Il caso Salis ha riacceso il dibattito sull’indipendenza della magistratura in Ungheria, che secondo Bruxelles non è più garantita da quando Orbán è tornato al potere nel 2010.
“È una vergogna: Salis ha commesso un crimine brutale e l’estrema sinistra europea la difende, cercando addirittura di farla eleggere deputata europea”, ha affermato il 23 maggio Gergely Gulyás, il capo di gabinetto di Orbán.
L’ong Amnesty international ha denunciato le “condizioni degradanti” in cui Salis è stata detenuta finché ha ottenuto gli arresti domiciliari in cambio del pagamento di una cauzione da sedici milioni di fiorini ungheresi (circa 41mila euro).
“Per più di un mese non ha potuto neanche farsi una doccia”, ha dichiarato all’Afp il padre Roberto Salis.
L’imputata, che respinge le accuse, si considera una prigioniera politica.
“In Ungheria i neonazisti sono considerati patrioti e gli antifascisti nemici dello stato”, ha affermato il padre, sottolineando lo scarso sostegno ricevuto dal governo italiano.