Un’enorme frana ha sepolto più di duemila persone in Papua Nuova Guinea, hanno affermato il 27 maggio le autorità, rendendo noto un bilancio delle vittime molto più alto di quello inizialmente stimato.
“La frana ha sepolto vive più di duemila persone e causato vaste devastazioni”, ha dichiarato il centro nazionale per la gestione dei disastri naturali in una lettera all’ufficio delle Nazioni Unite della capitale Port Moresby, visionata dall’Afp.
Un villaggio della provincia di Enga, nel centro del paese, è stato quasi completamente spazzato via quando una sezione del monte Mungalo è crollata intorno alle 3 del mattino del 24 maggio.
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Il bilancio delle vittime era già salito a 670 nel fine settimana, quando i soccorritori si erano resi conto che il villaggio aveva più abitanti del previsto.
“La situazione è ancora instabile perché la frana continua a muoversi, costituendo un pericolo per soccorritori e sopravvissuti”, ha aggiunto il centro nazionale per la gestione dei disastri naturali, che ha anche lanciato un appello agli aiuti internazionali.
In precedenza Serhan Aktoprak, un funzionario dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), aveva affermato che i soccorritori sono impegnati in una “corsa contro il tempo” per trovare sopravvissuti.
La frana è stata favorita dalle forti piogge che hanno colpito la regione nelle ultime settimane.
Secondo la Banca mondiale, la Papua Nuova Guinea ha uno dei climi più umidi del mondo, con forti piogge che si abbattono regolarmente sugli altopiani.
Gli scienziati sostengono però che il rischio di frane sia aggravato dalla crisi climatica.
A marzo almeno ventitré persone erano morte in una frana in una provincia vicina.