Il 9 giugno un commando armato ha attaccato un autobus che trasportava pellegrini indù di ritorno dalla visita a un tempio nel Kashmir indiano, uccidendo almeno nove persone.
Il giorno dopo il governo ha annunciato che l’esercito ha lanciato una grande operazione per trovare i responsabili.
L’attacco è avvenuto circa un’ora prima che il primo ministro indiano Narendra Modi, un nazionalista indù, s’insediasse per un terzo mandato a New Delhi dopo aver vinto le elezioni legislative.
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“In base a una prima ricostruzione dei fatti, i miliziani hanno sparato contro l’autobus, che poi è uscito di strada”, ha dichiarato all’Afp Mohita Sharma, un funzionario della polizia. “Almeno nove persone sono morte e ventitré sono rimaste ferite”.
L’attacco è avvenuto vicino alla cittadina di Reasi, nel sud del territorio a maggioranza musulmana del Jammu e Kashmir.
La regione storica del Kashmir è divisa tra India e Pakistan dalla loro indipendenza nel 1947, ma entrambi i paesi rivendicano l’intero territorio. New Delhi accusa regolarmente il Pakistan di sostenere i ribelli del Kashmir indiano.
Nel 1989 i ribelli hanno lanciato un’insurrezione armata per ottenere l’indipendenza o l’annessione al Pakistan. Da allora il conflitto ha causato la morte di decine di migliaia di persone tra soldati, miliziani e civili.
Le violenze si sono però ridotte dopo che nel 2019 New Delhi ha revocato lo statuto di parziale autonomia del Jammu e Kashmir, assumendone direttamente il controllo.
Ad aprile cinque ribelli e un caporale dell’aeronautica militare sono però morti negli scontri scoppiati durante la campagna elettorale. Altri due ribelli sono stati uccisi dall’esercito il 3 giugno.
Tuttavia, nel Jammu e Kashmir il tasso di partecipazione alle elezioni legislative è stato del 58,6 per cento, con un aumento di 30 punti rispetto al 2019, secondo la commissione elettorale.
Per la prima volta dal 1989 nessun gruppo separatista aveva chiesto di boicottare il voto.