Il 18 giugno la Thailandia è diventata il primo paese del sudest asiatico a legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso dopo uno storico voto al senato celebrato dalla comunità lgbt+.
Circa 130 senatori hanno votato a favore della legge (quattro hanno votato contro e diciotto si sono astenuti), che sarà ora trasmessa al re Maha Vajiralongkorn per la promulgazione.
Il testo era già stato approvato il 27 marzo dalla camera dei rappresentanti a larga maggioranza.
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“Oggi l’amore ha vinto sui pregiudizi”, ha affermato l’attivista Plaifah Kyoka Shodladd, che ha contribuito a elaborare la legge.
Prima del voto Tunyawaj Kamolwongwat, deputato del partito progressista Move forward, aveva celebrato “una vittoria del popolo”.
Il sostegno ai matrimoni tra persone dello stesso sesso ha unito l’opposizione progressista a gran parte del blocco conservatore, sostenuto dall’esercito e dal re.
Dopo i Paesi Bassi, il primo stato a legalizzare i matrimoni omosessuali nel 2001, più di trenta paesi li hanno introdotti, ma solo due in Asia: Taiwan e Nepal.
In Thailandia i primi matrimoni saranno celebrati 120 giorni dopo la promulgazione della legge.
Il testo dà alle coppie omosessuali anche diritti in materia di adozione e di eredità.
Non prevede invece un riconoscimento delle persone transgender o non binarie che vorrebbero cambiare genere nei documenti d’identità.
La legge è stata promossa anche dal primo ministro Srettha Thavisin, il primo civile a ricoprire la carica dopo il colpo di stato del 2014.
La Thailandia sta però attraversando un periodo d’incertezza legato a un procedimento alla corte costituzionale contro Move forward. Il grande partito progressista potrebbe essere sciolto per aver proposto durante la campagna elettorale del 2023 la revoca della legge sulla lesa maestà, una delle più restrittive del mondo.