Il 27 giugno la corte suprema ha annullato un accordo di risarcimento da circa sei miliardi di dollari, legato alla crisi degli oppioidi negli Stati Uniti, in quanto esonerava la famiglia Sackler, proprietaria dell’azienda farmaceutica Purdue Pharma, da future azioni legali da parte delle vittime.

I Sackler sono accusati di aver promosso per anni in modo aggressivo il loro antidolorifico OxyContin, pur sapendo che creasse forte dipendenza. Grazie alla vendita del farmaco hanno guadagnato decine di miliardi di dollari.

La moltiplicazione delle prescrizioni di questo oppioide è generalmente considerata il fattore scatenante della crisi che negli ultimi vent’anni ha causato più di mezzo milione di vittime nel paese.

Il dipartimento della giustizia aveva contestato l’accordo – firmato nel 2022 con i cinquanta stati americani, le autorità locali e la maggior parte delle vittime, e convalidato da una corte d’appello federale – perché esonerava la famiglia Sackler da future azioni legali, anche se intraprese da persone ed entità che non avevano aderito all’intesa.

Tra queste figurano per esempio municipalità e tribù canadesi.

Il Chapter 11, la principale norma fallimentare degli Stati Uniti, “non autorizza a esentare da azioni legali senza il consenso di tutti gli interessati”, ha scritto Neil Gorsuch a nome della maggioranza, affiancato da altri tre giudici conservatori e da una progressista.

“Oltretutto quello che i Sackler hanno accettato di mettere sul tavolo per le vittime degli oppioidi è una cifra ben inferiore alla totalità dei loro beni”, ha aggiunto, ricordando che negli anni che hanno preceduto la dichiarazione di fallimento la famiglia ha “sottratto” circa undici miliardi di dollari alla Purdue.

Nel suo parere di minoranza, il giudice Brett Kavanaugh, affiancato da un altro conservatore, il presidente della corte John Roberts, e da due progressisti, ha invece denunciato “una decisione sbagliata dal punto di vista legale e devastante per più di centomila vittime degli oppioidi e loro familiari”.

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