Più di cinquecento persone, tra cui alcuni leader dell’opposizione, sono state arrestate a Dhaka per le violenze che hanno sconvolto il Bangladesh e ucciso 163 persone, da quando gli studenti hanno cominciato a protestare contro le regole di assunzione del servizio civile. Lo ha dichiarato la polizia.

Quelle che erano cominciate come manifestazioni contro la politicizzazione delle quote di ammissione agli impieghi nel settore pubblico si sono trasformate nei peggiori disordini sotto il governo della prima ministra Sheikh Hasina. È stato imposto il coprifuoco e i soldati stanno pattugliando le città del paese asiatico, mentre dal 18 luglio un blackout nazionale ha limitato il flusso di informazioni verso il mondo esterno.

“Dall’inizio dei disordini, almeno 532 persone sono state arrestate per le violenze”, ha dichiarato all’Afp il portavoce della polizia metropolitana di Dhaka, Faruk Hossain.

“Tra loro ci sono anche alcuni leader del Bnp”, ha aggiunto, riferendosi al partito nazionalista del Bangladesh. Il 21 luglio la corte suprema del paese ha ridotto dal 30 al 5 per cento la quota riservata ai familiari dei veterani della guerra d’indipendenza dal Pakistan del 1971 nelle assunzioni per il settore pubblico, considerato sicuro e ben pagato, ma la decisione non è riuscita a placare le proteste degli studenti universitari.

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Un portavoce di Students against discrimination, il principale gruppo responsabile dell’organizzazione delle proteste, ha dichiarato all’Afp: “Non interromperemo le nostre proteste, finché il governo non emetterà un ordine che rispecchi le nostre richieste”.

Ali Riaz, politologo e grande esperto di Bangladesh dell’Illinois state university, ha descritto la violenza come “il peggior massacro compiuto da qualsiasi regime dall’indipendenza”.

“Le atrocità commesse negli ultimi giorni dimostrano che il regime dipende interamente dalla forza bruta e non ha alcun riguardo per la vita della popolazione”, ha dichiarato all’Afp. “Queste uccisioni indiscriminate non possono essere liquidate da una sentenza del tribunale o da un annuncio del governo”.

Con circa 18 milioni di giovani senza lavoro, secondo i dati del governo, la reintroduzione del sistema di quote ha suscitato critiche tra i laureati che si trovano ad affrontare una grave crisi occupazionale.

La decisione della corte suprema ha ridotto il numero di posti di lavoro riservati dal 56 per cento di tutte le posizioni al 7 per cento, la maggior parte dei quali sarà ancora riservata ai figli e ai nipoti dei veterani.

Sebbene la decisione rappresenti una sostanziale riduzione della controversa categoria dei “combattenti per la libertà”, con il 93 per cento dei posti di lavoro assegnati in base al merito, non ha soddisfatto le richieste dei manifestanti di eliminarla del tutto.

La quota di “combattenti per la libertà”, in particolare, non è gradita ai giovani laureati e i critici sostengono che sia usata per assegnare posti di lavoro pubblici ai fedelissimi della Lega awami di Hasina.

Gli oppositori accusano il suo governo di piegare la magistratura alla sua volontà. Hasina, 76 anni, governa il paese dal 2009 e ha vinto la sua quarta elezione consecutiva a gennaio, dopo un voto senza una vera opposizione.

Il suo governo è anche accusato dai gruppi per la difesa dei diritti umani di abusare delle istituzioni statali per consolidare il suo potere e reprimere il dissenso, anche attraverso l’uccisione extragiudiziale di attivisti dell’opposizione.

Hasina ha paragonato i manifestanti ai bangladesi che avevano collaborato con il Pakistan durante la guerra di indipendenza del paese, gettando benzina sul fuoco.

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