Il 15 agosto il Brasile e la Colombia hanno chiesto nuove elezioni presidenziali in Venezuela per risolvere la crisi politica, seguita alla rielezione di Nicolás Maduro alla fine di luglio. Ma la proposta è stata respinta sia dall’opposizione, che rivendica la vittoria, sia dal presidente Nicolás Maduro.
La leader dell’opposizione María Corina Machado ha immediatamente respinto le richieste di nuove elezioni presidenziali. “Proporre di non tenere conto di ciò che è successo il 28 luglio (la data delle elezioni) è per me una mancanza di rispetto per il popolo venezuelano (…), la sovranità popolare è rispettata”, ha dichiarato ai mezzi d’informazione cileni e argentini. Le elezioni “si sono svolte e la società venezuelana si è espressa in condizioni molto sfavorevoli. Ci sono stati brogli e siamo riusciti comunque a vincere”, ha aggiunto.
Edmundo González Urrutia, il candidato dell’opposizione, ha preso una posizione simile, ribadendo su X di aver vinto le elezioni “con una maggioranza schiacciante”. “Ribadiamo il nostro impegno per la democrazia, la pace e il Venezuela”, ha dichiarato.
Maduro, che accusa i due leader, di voler organizzare un colpo di stato, non ha fatto alcun riferimento diretto a nuove elezioni, ma ha insistito: “I conflitti in Venezuela (…) si risolvono tra venezuelani, con le loro istituzioni, con la loro legge, con la loro costituzione”.
Il presidente ha anche rifiutato di rispondere alle dichiarazioni provenienti dall’estero: “Ogni presidente sa, ogni stato, ogni paese sa cosa deve fare con i suoi affari interni”.
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All’inizio di agosto, il Consiglio nazionale elettorale (Cne) ha ratificato la vittoria del presidente Maduro con il 52 per cento dei voti, senza fornire il conteggio esatto o i resoconti dei seggi elettorali, sostenendo di essere stato vittima di un hackeraggio informatico.
Secondo l’opposizione, che ha reso pubblici i risultati ottenuti dai suoi scrutatori, il suo candidato Edmundo González Urrutia ha vinto le elezioni con il 67 per cento dei voti, un risultato respinto da Maduro.
L’annuncio della sua rielezione al terzo mandato ha scatenato manifestazioni spontanee, con 25 morti, 192 feriti e 2.400 arresti, secondo le fonti ufficiali.
Giudicando la vittoria dell’opposizione “molto chiara”, la casa bianca ha rettificato la sua posizione dopo che Joe Biden è apparso favorevole a nuove elezioni.
Il presidente americano si riferiva “all’assurda posizione del (presidente) Maduro”, che “non è onesto” sul risultato delle elezioni presidenziali, ha dichiarato un portavoce della casa bianca.
Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha parlato a una radio locale di nuove elezioni: se Nicolás Maduro “ha un po’ di buon senso, potrebbe cercare di fare appello al popolo venezuelano, forse anche convocare e programmare” altre elezioni.
In un messaggio pubblicato su X, il presidente colombiano Gustavo Petro ha chiesto nuove elezioni “libere”, suggerendo tra le proposte la “revoca di tutte le sanzioni economiche” contro il Venezuela.
Il 15 agosto il parlamento ha approvato una legge che regolamenta le ong e le associazioni, la prima di una serie di norme che l’opposizione considera antidemocratiche.
Tra i punti del testo c’è l’obbligo per le ong di rendere pubblici i loro “finanziamenti” e “donatori, nazionali o stranieri”, e il divieto di “ricevere contributi finanziari destinati a organizzazioni con finalità politiche”.
L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, ha invitato Caracas a “non adottare queste leggi e qualsiasi altra legge che minacci lo spazio civico e democratico nel paese”.
La Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh) ha rilevato che la legge “limita arbitrariamente il diritto di associazione e la libertà di espressione”.
Altri due testi sull‘“incitamento al fascismo e all’odio” e sulla regolamentazione dei social network saranno esaminati dal parlamento unicamerale, dove il governo detiene 256 dei 277 seggi, dopo che l’opposizione ha boicottato le elezioni legislative del 2020.