Il governo indiano ha chiesto alla corte suprema di non revocare una clausola derogatoria del codice penale che non riconosce lo stupro coniugale, in un caso emblematico della sottovalutazione della violenza contro le donne nel paese.

Nel luglio scorso il governo nazionalista indù guidato da Narendra Modi aveva introdotto una versione aggiornata del codice penale ereditato dall’epoca della colonizzazione britannica.

Il nuovo testo ha mantenuto una clausola derogatoria in base alla quale “i rapporti sessuali di un uomo con la moglie non possono essere considerati stupro”, limitandosi ad alzare da 15 a 18 anni l’età delle donne a cui può essere applicata.

Ma la questione, sollevata dalle organizzazioni per i diritti delle donne, è ancora all’esame della corte suprema.

In un documento presentato dal governo alla corte, citato il 4 ottobre dal quotidiano Indian Express, il ministero dell’interno ribadisce la sua contrarietà a qualsiasi modifica del codice penale.

“È evidente che un uomo non abbia il diritto di costringere la moglie a un rapporto sessuale, ma definire un atto simile come stupro è manifestamente eccessivo e sproporzionato”, afferma il ministero, sottolineando che esistono già leggi per punire la violenza domestica.

In base a un’indagine nazionale su famiglia e salute condotta tra il 2019 e il 2021, il 6 per cento delle donne di età compresa tra i 18 e i 49 anni sostiene di essere stata vittima di violenza domestica.

Nel paese più popoloso del mondo ci sarebbero quindi circa dieci milioni di vittime.

Il 18 per cento delle donne dichiara invece di non poter rifiutare le richieste sessuali dei mariti.

In India, oltretutto, i divorzi sono molto rari. Solo l’1 per cento delle coppie sposate si separa ufficialmente, soprattutto a causa delle forti pressioni familiari e religiose.