Alejandro Arcos Catalán, sindaco di Chilpancingo, capoluogo dello stato meridionale di Guerrero, è stato assassinato pochi giorni dopo il suo insediamento, hanno annunciato il 6 ottobre le autorità locali.

Secondo alcuni mezzi d’informazione locali, Arcos, 43 anni, è stato decapitato e la sua testa è stata fatta trovare sul tetto di un’automobile. La foto è stata condivisa sui social network, prima di essere sfumata.

“Condanno fermamente l’omicidio del sindaco di Chilpancingo, Alejandro Arcos Catalán, che è stato confermato dalla procura generale”, ha affermato sul social network X la governatrice dello stato di Guerrero, Evelyn Salgado, esponente del Movimento rigenerazione nazionale (Morena, sinistra, al potere).

La procura generale ha annunciato l’apertura di un’inchiesta, ribadendo il suo impegno “per la giustizia e contro l’impunità”, in un paese in cui la maggior parte dei crimini resta impunita.

Arcos era stato eletto sindaco di Chilpancingo, che ha circa 280mila abitanti, nelle elezioni amministrative del 2 giugno, che si sono svolte insieme alle presidenziali, come candidato dell’alleanza d’opposizione Pri-Prd-Pan.

Decine di candidati sono stati assassinati nel paese nelle settimane che hanno preceduto le elezioni (trentaquattro, secondo l’ong DataCivica).

A Chilpancingo, che si trova lungo l’autostrada che collega la capitale Città del Messico alla località turistica di Acapulco, bande criminali si contendono il controllo del traffico di droga e delle estorsioni.

Secondo il centro studi InSight Crime, “è proprio la frammentazione della criminalità organizzata a spiegare l’alto tasso di violenza nello stato di Guerrero”.

Chilpancingo si trova a sedici chilometri dalla scuola normale rurale di Ayotzinapa, dove dieci anni fa 43 studenti scomparvero dopo una notte di violenza, in una vicenda che ha scosso il paese.

L’assassinio di Arcos arriva cinque giorni dopo l’insediamento di Claudia Sheinbaum, la prima presidente donna del Messico, che l’8 ottobre presenterà il suo piano per la sicurezza.

Da quando l’ex presidente Felipe Calderón ha schierato l’esercito contro i cartelli della droga, nel 2006, il Messico ha registrato più di 400mila morti e circa centomila persone scomparse.